Argomenti trattati
Non un colpo di fulmine: l’amore per scoccare la sua freccia può aver bisogno di più di un incontro. A spiegarlo è una ricerca statunitense condotta da un gruppo di studiosi dell’Hamilton College (Clinton, New York) guidati dallo psicologo Ravi Thiruchselvam secondo cui, se da una parte diverse storie iniziano col piede giusto sin dal primo sguardo – in perfetta sintonia con il tradizionale colpo di fulmine -, dall’altra ci sono invece molte altre relazioni che per spiccare il volo hanno bisogno di almeno due incontri, se non di più. E se, quindi, una persona non scatena entusiasmo al primo incontro, non è per nulla detto che non possa iniziare a piacere al secondo (per trovarla poi magari affascinante al terzo e ammaliante al quarto). L’attrazione, insomma, ha bisogno di tempo.
La ripetizione… paga
Come spiega Thiruchselvam “la freccia di Cupido può essere molto lenta a colpire. Una parte importante di questo fenomeno può essere riconducibile al cambiamento graduale associato alla ripetizione”. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Social, Cognitive, and Affective Neuroscience (SCAN).
Lo studio americano
L’esperimento che ha condotto i ricercatori a trarre queste conclusioni è stato svolto su 22 giovani – maschi e femmine – senza relazioni fisse. Gli studiosi hanno mostrato ai partecipanti una serie di fotografie di visi a ciascuno dei quali doveva venire attribuito un punteggio; il tutto mentre la loro attività cerebrale veniva registrata. Durante l’osservazione i ricercatori hanno così notato che i punteggi attribuiti ai volti aumentavano con il ripetersi della visione e che anche le onde cerebrali registrate confermavano il crescente apprezzamento.
Pesano anche i condizionamenti esterni
Oltre alla visione del medesimo viso ripetuta più volte, i ricercatori spiegano che sul giudizio di attrattività di un volto pesano anche le opinioni altrui. Dallo studio è, infatti, emerso che le risposte cerebrali relative a quanto il viso di una persona risulti attraente risultano influenzate dalle credenze dell’osservatore: in particolare quando i partecipanti allo studio erano convinti che i loro coetanei ritenevano una determinata persona molto attraente, la loro attrazione verso quella persona aumentava davvero. La bellezza sarebbe dunque nella convinzione di chi guarda – da cui il titolo della ricerca “Beauty is in the belief of the beholder: Cognitive influences on the neural response to facial attractiveness”, ovvero “La bellezza è nella convinzione di chi guarda: influenze cognitive sulla risposta neurale per l’attrattiva del viso”.