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Dal 1° di aprile i genitori con figli under 14 che lavorano nel settore privato non hanno più la possibilità di chiedere lo smart working. La bocciatura dell’emendamento al cosiddetto decreto milleproroghe, che avrebbe dovuto estendere l’opportunità di richiedere lo smart working per i genitori con figli sotto i 14 anni, segna la definitiva uscita del lavoro agile dal regime emergenziale. E chiude la possibilità dello smart working per i genitori con figli under 14 nella maggior parte dei casi. Non è detto però che tutti i genitori debbano per forza rientrare in ufficio; resta infatti la possibilità di un accordo individuale tra il lavoratore e il datore di lavoro: lo smart working potrà essere concesso in base alle esigenze aziendali.
Smart working sì ma con un accordo individuale
La disciplina dello smart working torna quindi ad essere affidata ai contratti aziendali. Questo significa che il datore di lavoro può concedere o meno, a propria discrezione, la possibilità dello smart working per i lavoratori. Dal momento, comunque, che il lavoro flessibile viene considerato un elemento di forza per molte aziende, sono parecchie le realtà lavorative che, con accordi collettivi aziendali, hanno stabilito i giorni in cui i dipendenti lavorano in presenza e quelli in cui proseguono la loro attività da remoto.
Cosa succede quindi? Il datore di lavoro potrà stabile in base alle proprie esigenze se concedere o meno la possibilità del lavoro agile ai genitori con figli under 14. L’imprenditore che decide di utilizzare il lavoro agile dovrà firmare con ogni dipendente un accordo individuale: in questo modo lo smart working per i genitori non rientrerà più così nel concetto di ‘diritto’ per il lavoratore, ma in quello di ‘modalità di esecuzione della prestazione’. Può essere concesso o tolto, in sostanza, in base alle esigenze dell’azienda. I genitori di figli under 14 che non si trovano in una realtà di questo genere, possono comunque richiedere di lavorare in smart working organizzandosi direttamente con il proprio datore di lavoro: in questo caso viene stipulato un accordo individuale che il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare al Ministero del Lavoro entro i cinque giorni successivi l’inizio della prestazione da remoto. In caso di ritardi si rischiano sanzioni amministrative fino a 500 euro.
Cosa cambia rispetto al passato
Fino al 31 marzo lo smart working semplificato poteva essere richiesto da dipendenti del settore privato con figli under 14 a patto che nel nucleo familiare non fosse presente un altro genitore non lavoratore o che beneficiasse di strumenti di sostegno al reddito riconosciuti in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa. Lo stesso succedeva con i lavoratori fragili, come gli immunodepressi, a patto che presentassero apposita certificazione medica. Dal 1° aprile queste regole sono state definitivamente sospese ed è venuto meno quindi qualsiasi criterio di priorità, come quello di avere figli under 14, per l’accesso al lavoro agile.
Con l’inizio di aprile la proroga dello smart working si è conclusa definitivamente e tutti i lavoratori, anche i genitori che hanno figli under 14, sono tornati a lavorare in presenza. Lo smart working, il lavoro flessibile, è terminato infatti definitivamente anche nel privato, l’ultimo settore che ne aveva ancora diritto dopo che la possibilità di lavorare da remoto era stata tolta a fine dicembre nel settore pubblico. Dal 2 di aprile sono tornate quindi in vigore le regole pre-Covid. Questo significa che anche per i genitori con figli under 14, nonché per i lavoratori immunodepressi e affetti da malattie croniche, il lavoro torna ad essere regolato dalla normativa ordinaria prevista nella legge 81 del 2017.
La situazione negli altri Paesi europei
Lo smart working per i genitori, ma anche più in generale per tutti i lavoratori, sembra essere per l’Italia una tipologia lavorativa adatta solo a situazioni emergenziali. Che non ha quindi più ragion d’essere quando le condizioni contingenti vengono meno. Questo nonostante siano in molti a riconoscere i vantaggi dello smart working che viene considerato da una buona parte de lavoratori un benefit prezioso, un valore aggiunto per un’azienda che vuole mantenere legati a sé i lavoratori. I numeri lo confermano: secondo i dati di ricerca dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, pubblicato a novembre 2023, i lavoratori da remoto sono 3,585 milioni: il 541% in più rispetto al periodo pre-Covid. Nel 2024 si stima saranno 3,65 milioni gli smart worker in Italia. L’eliminazione della possibilità dello smart working per i genitori denuncia comunque la volontà di andare verso una sostanziale riduzione del lavoro flessibile. Questo almeno a livello di legge mentre resta valida l’opzione di un contratto individuale tra azienda e lavoratore che stabilisca la possibilità di lavorare in smart working, concordandone insieme modalità e tempistiche. Non tutti i Paesi europei, del resto, hanno una legge specifica: su temi come il luogo di lavoro, il rimborso dei costi fissi, la dotazione tecnologica e il diritto alla disconnessione, i termini possono variare molto da un Paese all’altro. In ogni caso, a livello europeo, la tendenza è quella di spingere sempre più verso lo smart working. In un’ottica di work balance, di bilanciamento tra il lavoro e la vita privata, la possibilità di lavorare da remoto, infatti, è uno dei vantaggi a cui molti lavoratori, soprattutto tra i più giovani, non sono disposti a rinunciare. Tanti sono infatti i punti di forza del lavoro agile soprattutto per chi ha figli ma comunque evidenti e significativi per tutti. E non riguardano solo la persona ma anche l’ambiente: muoversi meno significa infatti inquinare di meno con una diminuzione significativa delle emissioni di anidride carbonica che soffocano le grandi città.