Sindrome di Down: trovata la cura?

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 16/09/2013 Aggiornato il 16/09/2013

Alcuni ricercatori americani sono riusciti a neutralizzare la terza copia del cromosoma 21, responsabile della sindrome di Down. Un primo passo verso la cura

Sindrome di Down: trovata la cura?

Dall’America arriva una nuova speranza per la cura della sindrome di Down. Una ricerca condotta in laboratorio da un gruppo di ricercatori della Massachusetts Medical School, e pubblicata sulla rivista scientifica  “Nature”, potrebbe rappresentare il primo passo per lo sviluppo di un trattamento mirato.

È un’anomalia genetica

Per sindrome di Down detta anche trisomia 21, si intende una condizione genetica caratterizzata dalla presenza di un cromosoma (struttura molecolare che trasmette le informazioni genetiche da una generazione all’altra) in più nelle cellule. Normalmente, nel nucleo di ogni cellula ci sono 23 coppie di cromosomi, per un totale di 46 cromosomi. Nelle persone con sindrome di Down ci sono 47 cromosomi: infatti, c’è un cromosoma n. 21 in più. Genetico non vuol dire ereditario, infatti, nel 98% dei casi la sindrome di Down non è ereditaria.

La nuova ricerca

Per la prima volta al mondo, gli autori sono riusciti a “disattivare” in provetta la terza copia del cromosoma 21, gettando le basi per una cura di questa condizione genetica. Per farlo hanno sfruttato l’azione naturale di un gene chiamato Xist. In pratica, hanno introdotto questo gene nelle cellule staminali di alcune persone con sindrome di Down. Il gene Xist ha agito rivestendo la terza copia del cromosoma 21 e modificando la sua struttura in modo da renderlo incapace di esprimere geni. Gli studiosi hanno poi confrontato le cellule modificate con quelle normali. Hanno così scoperto che il gene Xist aiuta a correggere gli schemi insoliti di crescita e di differenziazione cellulare tipici delle cellule derivate da persone con sindrome di Down.

In breve

COME SI SCOPRE

Oggi, grazie allo screening prenatale, è possibile calcolare con un’alta attendibilità la percentuale di rischio di alcune anomalie cromosomiche del feto, inclusa la sindrome di Down. Per averne la certezza, però, occorre fare la villocentesi e l’amniocentesi, esami invasivi.

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