Sindrome di Down: perché a rischio le mamme mature

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 06/05/2015 Aggiornato il 06/05/2015

Sindrome di Down più frequente se si partorisce in tarda età? La scienza conferma questo dato. E, per la prima volta, ne spiega i motivi

Sindrome di Down: perché a rischio le mamme mature

L’incidenza della sindrome di Down è strettamente legata all’età della mamma. Questa correlazione è sempre stata nota ma ora è suffragata in modo deciso dalla scienza, che ci spiega anche perché sindrome di Down e futura mamma “matura” siano collegate. 

Dipende dai geni che si “ricombinano”

A illuminare sul perché la sindrome di Down sia più frequente nei figli di mamme in là con gli anni, è uno studio della Yeshiva University di New York. La causa di questa correlazione sarebbe stata individuata nella “ricombinazione” dei geni, con l’avanzare dell’età più frequente e più ravvicinata in senso temporale. 

“Errori” più frequenti 

Questo studio, pubblicato su Nature Communications, ha considerato un campione di circa 4.200 famiglie con almeno due figli. A essere analizzato è stato il complesso processo con cui vengono “ricombinati” i cromosomi. Infatti, se tale processo è incompleto o sbagliato, il risultato sono arrangiamenti cromosomici, che possono portare appunto alla sindrome di Down. Questi ultimi aumentano con l’avanzare dell’età materna. Gli studi dei meccanismi che stanno alla base della meiosi (divisione cellulare) si rivelano, dunque, fondamentali per ricerca e diagnosi precoce.

Un cromosoma in più

Questa anomalia consta, in sintesi, nella presenza di un cromosoma in più nel DNA del nascituro. Ovvero, si riscontrano 47 cromosomi invece di 46, uno in “eccedenza” nella coppia 21. La frequenza della sindrome di Down in Italia è abbastanza elevata, a esserne colpito è infatti un neonato su mille. La sindrome di Down non si “cura” ma oggi si diagnostica con facilità grazie alle tecniche di indagine prenatale. 

Può capitare anche nelle mamme giovani

Già si sapeva che esistesse una relazione direttamente proporzionale tra età della futura mamma e probabilità di sviluppare la sindrome di Down del nascituro. Questo, però, non significa che le mamme giovani siano in qualche modo “immuni” da tale possibilità. Per questo sono consigliati, eventualmente, screening prenatali precoci (come bi-test ed ecografia della nuca)

Tanti esami per individuarla

Per diagnosticare la sindrome di Down la scienza ha messo a punto numerosi test: da amniocentesi e villocentesi (riservate di solito alle over 35) al Tri-Test, ovvero una combinazione di esami da effettuare tra la quindicesima e la ventesima settimana di gestazione, consigliato anche alle future mamme più giovani (non essendo peraltro invasivo né rischioso). In caso di marcatori “sospetti” rilevati con il Tri-Test, si procede comunque con amniocentesi e villocentesi.

 

 
 
 

In breve

 

L’ESAME SUL SANGUE

L’amniocentesi in Italia è, a oggi, gratuita solo per le mamme “over 35”. Si tratta di un prelievo di materiale genetico direttamente dal nascituro e che prevede un rischio di aborto dell’uno per cento circa. Oggi, però, ci sono anche test non invasivi, fatti con un semplice esame del sangue, pronti a soppiantare l’amniocentesi: si tratta di esami di frammenti di DNA del nascituro che si disperderebbero nel sangue della mamma già dall’inizio della gestazione. Non sono in genere passati dallo Sistema sanitario nazionale.

 

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