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Molti giovani pensano di lasciare il Paese, pochi credono che metteranno su famiglia. È quanto emerso dall’indagine Ipsos commissionata dal governo: in particolare un trentenne su 4 è convinto che non avrà figli. Colpa della mancanza di lavoro, o quanto meno di un lavoro sicuro, che possa dare sufficienti garanzie. E in Italia non si arresta la crisi nascite.
Dati allarmanti
Lo scorso anno sono nati 100 mila bambini in meno rispetto al 2008 e nessuna contromisura annunciata né messa in atto sembra per ora essere riuscita a invertire la rotta. Anzi. Ora le nascite in Italia calano anche fra le donne immigrate, con una media di meno di 2 figli a coppia negli ultimi 10 anni. È quanto emerge da una ricerca curata dall’Amsi (Associazione medici di origine straniera in Italia) e dal Movimento internazionale ‘Uniti per Unire’ in collaborazione con Claudio Manna, ginecologo ed esperto di infertilità nonché docente a Tor Vergata in tecniche di fecondazione assistita. Tante le cause all’origine del fenomeno: economiche e non solo.
Pochi soldi = meno bambini
In Italia, lo scorso anno sono nati 100mila bambini in meno rispetto a otto anni fa. Più di preciso, si è passati dai circa 576 mila nati del 2008 ai circa 474mila nati del 2016. In più, il tasso di fecondità generale, calcolato sulle donne in età procreativa dal 2011 al 2015 è sceso parallelamente alla diminuzione del lavoro, che dal 2001 al 2015 è passato dal 7 per cento al 13 per cento. Dal confronto di questi due dati, è stata formulata l’ipotesi che gran parte della responsabilità del crollo nascite sia da attribuirsi alla crisi economica, che è l’espressione più diretta della precarietà del lavoro.
Il peso dell’età materna
Anche l’età media in cui le donne decidono di avere il primo figlio, che corrisponde circa ai 35 anni, può essere controproducente ai fini della procreazione. “È un dato incontrovertibile, in quanto strettamente legato alle leggi della biologia, che il periodo di massima fertilità femminile è compreso tra i 18 e i 28 anni e che successivamente la fertilità della donna va incontro a un progressivo declino – afferma il dottor Alberto Villani, presidente della Sip, responsabile dell’Unità Operativa complessa di Pediatria generale e Malattie infettive dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma -. È possibile, quindi, che abbia un suo peso nella diminuzione delle nascite anche il procrastinare sempre più avanti la decisione di avere un figlio.
Mamma è bello… ma poche ci credono
Ma questo non spiega ancora in modo sufficiente il fenomeno del crollo nascite. “Quello che ormai manca in Italia è l’attenzione alla maternità – spiega il dottor Villani -. Si fa molto per la procreazione medicalmente assistita ma quello di cui avremmo ancora più necessità è la procreazione “culturalmente e socialmente assistita”. Bisognerebbe cioè prenderci cura delle donne che diventano madri, aiutandole in tutti i modi possibili, affinché non siano penalizzate dalla presenza di un figlio, ma possano ritornare a essere pienamente e giustamente orgogliose del loro ruolo di madri, che è il più straordinario del mondo”. Purtroppo, secondo il presidente Sip, le donne italiane non riescono più a credere “a priori” nella bellezza della maternità perché troppi sono i problemi cui si trova esposta chi diventa mamma, a partire dalle non rare discriminazioni sul lavoro.