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I trattamenti di procreazione medicalmente assistista sono influenzati dall’età dei partner. Ma se quella della donna può condizionare da sola il successo o meno del trattamento, quella dell’uomo inizia a diventare un fattore determinante solo quando anche la donna inizia a essere un po’ più matura. A rivelarlo è uno studio coordinato che ha coinvolto gli Istituti Clinici Zucchi di Monza e l’Università Pompeu Fabra di Barcellona.
Lo studio su oltre 5.000 pazienti
Come spiega la ricercatrice Mariabeatrice Dal Canto, lo studio ha analizzato volume dell’eiaculato, concentrazione di spermatozoi e motilità progressiva di oltre 5.500 pazienti di età compresa tra i 25 e i 45 anni che, dal 2015 al 2020 si sono rivolti al Centro di Medicina della Riproduzione Biogenesi di Monza per trattamenti di procreazione assistita.
I risultati della ricerca hanno evidenziato come con l’avanzare dell’età la motilità e il volume si riducano in modo significativo, mentre la concentrazione di spermatozoi si mantenga pressoché invariata.
L’età della donna pesa di più
Negli anni si è visto come le probabilità di successo dei trattamenti di procreazione medicalmente assistita si riducano in modo significativo quando entrambe i membri della coppia non sono più giovanissimi. Solo in questi casi, infatti, la qualità dello sperma diventa un problema e rischia di compromettere il trattamento.