Argomenti trattati
Si diventa papà sempre più tardi. Secondo l’Istat, oggi l’età media della paternità in Italia è 35 anni. Il “ritardo” nel metter su famiglia può però avere delle ripercussioni sulla salute del bebè in arrivo. Lo rivela uno studio condotto da due università svedesi. I figli degli uomini che concepiscono in età avanzata hanno più possibilità di soffrire di malattie mentali (autismo, disturbo bipolare, sindrome da deficit di attenzione e iperattività, schizofrenia), tendenza al suicidio e abuso di sostanze stupefacenti e di problemi di apprendimento (scarsi voti, ridotti punteggi nei test scolastici).
Colpa di mutazioni genetiche
Il rischio di malattie mentali aumenta proporzionalmente all’età del papà. Colpa delle mutazioni genetiche “accumulate” negli anni nello sperma maschile e poi trasmesse ai figli. La notizia non è una novità assoluta. Già anni fa ricercatori del Brain Institute del Queensland (Australia), con un esperimento sui topi, avevano trovato un legame fra l’età dei padri e lo sviluppo cerebrale del feto. Un’altra ricerca, effettuata su 219 islandesi, aveva scoperto che un papà a 20 anni di età trasmette una media di 25 mutazioni genetiche, che salgono a 65 dopo i 40 (due nuove mutazioni per ogni anno in più). E la madre? Ne apporta sempre circa 15, indipendentemente dall’età.
Confermata una realtà esistente
Niente figli dopo gli “anta”, quindi? Niente affatto. Nessun allarmismo: gli studi quantificano solamente i rischi di malattie mentali, che sono sempre esistiti. La maggior parte di queste mutazioni sono di tipo neutro, solo poche possono danneggiare lo sviluppo cerebrale del bambino.