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Le donne che scelgono di sottoporsi alla fecondazione assistita hanno una lunga strada davanti a sé. Fatta anche di difficoltà e rischi, come possibile aborto o non attecchimento dell’embrione, dolore addominale, sofferenza psicologica. Ma non di un rischio aumentato di tumori. Questa, perlomeno, è la conclusione cui è giunto uno studio condotto da un team di ricercatori americani, dell’Università dell’Illinois e dell’Us National Cancer Institute, presentato al Congresso Eshre 2014 (Società europea di riproduzione umana ed embriologia).
In che cosa consiste la stimolazione ovarica
In genere, indipendentemente dalla tecnica di fecondazione assistita scelta, il primo passo consiste nella stimolazione ovarica: alla donna vengono cioè somministrati per una decina di giorni, tramite iniezioni o sotto forma di compresse, ormoni identici a quelli prodotti naturalmente. Essi sono in grado di favorire la maturazione degli ovuli femminili, aumentando le probabilità di concepimento.
Perché i dubbi
Occorre sapere, però, che gli ormoni femminili sono implicati nello sviluppo dei tumori del seno, dell’ovaio e dell’utero. Ecco perché alcuni esperti hanno sollevato il dubbio che i farmaci per la fertilità possano aumentare le probabilità di queste malattie.
Lo studio è durato anni
Lo studio ha coinvolto più di 12 mila donne, tutte sottoposte a stimolazione ovarica e fecondazione assistita fra il 1965 e il 1988. Gli autori hanno analizzato i dati relativi alla loro salute prima, durante e dopo le cure. Dall’analisi dei risultati, è emerso che a distanza di 30 anni dalla procreazione assistita, 9.892 donne hanno sviluppato un tumore: 749 al seno, 119 all’endometrio e 85 alle ovaie. Secondo gli autori, però, questi casi non erano legati all’impiego di farmaci per la stimolazione ovarica. Nemmeno all’uso delle gonadotropine, i più utilizzati attualmente e i più temuti.
Risultati rassicuranti
“I risultati ottenuti non supportano un legame significativo fra utilizzo dei farmaci per la fertilità e tumori femminili. Il quadro che emerge è piuttosto variegato, con alcune sostanze che mostrano un qualche aumento del rischio, altre che lo riducono e altre ancora che non hanno alcun legame causa-effetto, e molte questioni rimangono irrisolte, ma si tratta di risultati rassicuranti” hanno commentato gli studiosi.