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Gli esperti rassicurano i genitori degli oltre otto milioni di bambini nati con tecniche di fecondazione assistita: indipendentemente dalla procedura adottata, questi bambini non vanno incontro a una maggiore probabilità di ammalarsi di tumore rispetto a quelli nati naturalmente. È il messaggio che arriva da uno studio olandese condotto su bambini, adolescenti e giovani adulti concepiti naturalmente, a seguito di un percorso di Pma o di un ciclo di stimolazione ovarica: la frequenza delle diagnosi oncologiche è risultata identica nei tre gruppi.
Primo studio del genere
Spiega Flora Van Leeuwen, a capo del dipartimento di epidemiologia dell’Istituto Olandese per la Ricerca sul Cancro, che ha coordinato la ricerca condotta: «Per la prima volta è stato effettuato un confronto tra persone nate da donne con un basso tasso di fertilità, che nella maggior parte dei casi ha richiesto il ricorso a una metodica di procreazione medicalmente assistita».
Lungo follow up
Nei 21 anni successivi alla nascita, una persona concepita attraverso una tecnica di fecondazione assistita non corre un rischio più alto (rispetto al resto della popolazione) di ammalarsi di tumori. Gli stessi ricercatori avvertono che occorrerà portare avanti la ricerca, per ottenere un risultato anche a più lungo termine.
Sicura anche per le madri
Il messaggio rassicurante conferma quello giunto pochi mesi fa dal British Medical Journal: la fecondazione assistita, con le sue diverse metodologie, ha escluso che le donne che vi si sottopongono convivano poi con una maggiore probabilità di ammalarsi di uno dei tre tumori: al seno, all’utero e all’ovaio. Un’ipotesi emersa negli anni in ragione della stimolazione ormonale che rappresenta la prima tappa di qualsiasi approccio di fecondazione assistita. Gli autori hanno preso in esame oltre 255mila donne sottopostesi a una procedura di fecondazione assistita in Gran Bretagna: non è stato osservato un rischio più alto di ammalarsi di tumori del corpo dell’utero o di al seno invasivo.