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Non tutte le coppie riescono a esaudire il proprio desiderio di concepire e avere un bambino. Per alcune di loro, il problema è rappresentato dall’infertilità maschile. Fortunatamente, si tratta di un disturbo che in questi anni è stato molto studiato. L’ultima scoperta in proposito arriva da uno studio pubblicato sulla rivista Science, che ha individuato una proteina chiave per lo sviluppo e l’attività degli spermatozoi e, dunque, per la fertilità maschile.
Le cause dell’infertilità maschile
Quando una donna non riesce a rimanere incinta, in un terzo dei casi circa alla base c’è un’infertilità maschile. Del resto, si calcola che nel mondo la sterilità colpisca un uomo su sette in età riproduttiva. Ma da cosa dipende questa problematica? L’uomo può non produrre un numero sufficiente di spermatozoi oppure ne produce con caratteristiche di forma, di qualità o di movimento tali da rendere impossibile la fecondazione. Può anche succedere che l’uomo produca anticorpi che attaccano gli spermatozoi.
Uno studio sui topi
Il nuovo studio è stato condotto da un’equipe internazionale di ricercatori, coordinato da esperti della Baylor College of Medicine in Texas, in laboratorio, su un gruppo di topolini. In pratica, i ricercatori hanno disattivato, nei testicoli degli animali, il gene per la proteina NELL2, ritenuta una proteina fondamentale per la fertilità maschile. Infatti, permette la corretta maturazione dello spermatozoo all’interno dell’epididimo, un tubo attraverso cui le cellule riproduttive maschili “viaggiano” verso i dotti che li porteranno all’esterno.
Senza la proteina i maschi diventano sterili
Una volta disattivata la proteina NELL2, gli esperti hanno analizzato le conseguenze. Hanno così scoperto che senza questa proteina, gli spermatozoi dei topolini rimangono immaturi e diventano incapaci di muoversi. La conseguenza è che subentra un’infertilità maschile.
In un secondo momento, gli scienziati hanno ristabilito la funzione di NELL2, scoprendo che in questo modo anche la fertilità maschile dei topolini veniva ripristinata.
Serviranno nuove ricerche
Gli autori hanno concluso che la loro scoperta potrebbe rappresentare un primo nuovo passo nella lotta dell’infertilità maschile per i futuri papà. Infatti, potrebbe comportare implicazioni importanti sia in ambito diagnostico sia terapeutico. Non solo: potrebbe anche favorire lo sviluppo di contraccettivi maschili. Ovviamente serviranno nuove ricerche per arrivare a risultati concreti.