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Per le coppie che non riescono a concepire naturalmente un figlio, la strada verso la sala parto spesso è molto tortuosa. La pandemia di Covid-19 non sta facendo altro che peggiorare ulteriormente le cose, specie nei casi in cui si rende necessaria la fecondazione eterologa con ricorso a gameti donati. Infatti, la donazione di ovuli e spermatozoi è rallentata significativamente da quando è iniziata l’emergenza sanitaria.
La situazione in Italia
Secondo i dati di Cecos Italia, che riunisce i Centri per lo studio e la conservazione degli ovuli e degli spermatozoi umani, negli ultimi due anni, ossia da quando è iniziara la pandemia da Covid-19, nel nostro Paese la donazione di gameti è diminuita del 15%. Una flessione importante, a maggior ragione alla luce del fatto che già la situazione di partenza non era affatto rosea. Il risultato è che il 95% degli ovuli e spermatozoi donati oggi proviene da Paesi stranieri.
Non calano le domande
Eppure, la domanda di fecondazione eterologa è in continuo aumento. Sono sempre più numerose, infatti, le coppie che, non riuscendo a concepire naturalmente per scarsità o inadeguatezza di gameti, vorrebbero ricorrere all’utilizzo di ovuli e/o spermatozoi donati. Basti pensare che se nel 2015 i cicli di ovodonazione in Italia sono stati 1.308; nel 2018 sono stati ben 5.981.
L’impatto del Covid-19
Oggi, il 95% dei gameti impiegati in Italia arriva dalle banche straniere. E il Covid-19 non ha aiutato: per tutelare la sicurezza delle coppie riceventi, infatti, sono state attuare nuove norme stringenti per i donatori. Non bisogna dimenticare, poi, che in questa situazione non pochi hanno desistito dall’idea di diventare donatori.
In Italia manca la cultura della donazione
In Italia, comunque, il problema è a monte ed è rappresentato da una mancanza di cultura della donazione. Poche persone, infatti, si rendono conto che donare è un gesto altruista e generoso, che può aiutare le coppie con problemi di infertilità a realizzare il loro sogno di avere un bambino.
A questo si aggiunge anche la mancanza di incentivi e sostegni. “Purtroppo, in Italia, non soltanto manca una cultura della donazione, ma non essendo permesso alcun rimborso alle donatrici(), è pressoché nullo il numero di donne che sono disposte a donare” ha affermato Adolfo Allegra, presidente Cecos.