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Nonostante il nome, la vitamina D è un ormone della famiglia degli steroidei, molto importante nel processo di metabolismo del calcio e quindi fondamentale per la crescita nei bambini. A sostenerlo è il dottor Claudio Pagano, specialista in Endocrinologia e Malattie del metabolismo e professore associato di medicina interna presso l’Università di Padova.
Come assumere la vitamina D
La vitamina D è disponibile sotto diverse forme. Il colecalciferolo, per esempio, noto anche come vitamina D3, viene prodotta tramite l’esposizione ai raggi solari, oltre ad essere presente nel fegato, nell’olio di pesce e in alcuni pesci come salmone, sardina e aringa. La vitamina D2, ovvero l’ergocarciferolo, si assume invece con il cibo, mentre si ricorre all’uso di altre forme modificate della vitamina D, come calcifediolo e il calcitriolo, soprattutto in caso di ipoparatiroidismo o insufficienza renale cronica.
L’ipovitaminosi D
Il fabbisogno di vitamina D nei bambini deve aggirarsi intorno alle 200 unità. In caso contrario, la sua carenza o deficit in età pediatrica, conosciuta con il nome di ipovitaminosi D, comporta una fragilità alle ossa, ovvero non favorisce la calcificazione ossea nei bambini, aprendo la strada all’osteoporosi in età avanzata.
Sì a sole e integratori
A rischio ipovitaminosi D sono soprattutto i bambini che non sono esposti troppo al sole, i bimbi obesi e quelli con la pelle scura. A tal proposito il presidente della Società italiana di pediatria (Sip), il dottor Alberto Villani, consiglia la profilassi di vitamina D fino al primo anno di vita del bambino, anche se la mamma allatta al seno. Dal primo anno fino ai 18 mesi del piccolo, invece, la profilassi viene proseguita solo nei bambini non caucasici e con carnagione scura, che soffrono di celiachia, obesità, epatite cronica o insufficienza renale, malattie capaci di interferire con l’assorbimento della vitamina D, o che seguono una dieta vegana.