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I ricercatori dell’Università di Birmingham hanno esaminato 1,6 milioni di cartelle cliniche di più di 700 medici britannici e hanno concluso che su circa 18.000 bambini sottoposti all’intervento di tonsillectomia, solo l’11,7% aveva avuto un dolore tale da giustificare l’intervento chirurgico. Le tonsille nei bambini si dovrebbero dunque curare il altro modo.
Cosa dicono le Linee guida
Gli studiosi hanno scoperto che, tra i bambini che avevano subito una tonsillectomia, il 12,4% aveva riportato da cinque a sei mal di gola in un anno; il 44,7% aveva sofferto da due a quattro mal di gola in un anno e il 9,9% aveva avuto un solo episodio nell’arco dei 12 mesi. Per l’intervento chirurgico di tonsillectomia ci sono indicazioni precise all’interno delle Linee guida, dove si parla di infiammazioni ripetute e costanti con criteri di intensità ben codificati. Secondo queste Linee guida, l’asportazione delle tonsille nei bambini è consigliata in caso di più di sette episodi documentati di mal di gola in un anno, oppure più di cinque all’anno per due anni consecutivi, oppure tre per tre anni consecutivi. Se le Linee guida fossero adottate alla lettera, il numero di interventi si abbatterebbe notevolmente, ma spesso la chirurgia sembra la soluzione più rapida e definitiva.
Non sono inutili
Le tonsille sono piccole strutture presenti nel cavo orale costituite da tessuto linfatico. Il loro compito è quello di proteggere l’apparato respiratorio dalle infezioni dovute ad agenti esterni. Nei primi anni di vita le tonsille nei bambini imparano a riconoscere i germi e a creare anticorpi, ma, in alcuni casi, possono andare incontro a infiammazioni, le cosiddette tonsilliti. Nei bambini spesso si verifica anche l’infiammazione delle adenoidi, situate nella faringe. Queste soprattutto spesso vengono tolte per migliorare la qualità del sonno e favorire la respirazione del bambino. Quando il tessuto linfatico si ingrossa, infatti, può ostruire le vie respiratorie e causare nel bambino disturbi durante il sonno, come le apnee notturne. Il problema però si può risolvere ricorrendo ad altre terapie, stabilite dal pediatra.