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Sempre meno abituato a scrivere in corsivo, il bambino di oggi maneggia tastiere di pc e cellulari già a pochi anni di vita, comunica attraverso sms, mms, mail e social network: è la generazione dei cosiddetti nativi digitali, bambini che bevono tecnologia insieme al latte, che sono cioè abituati a convivere con questi strumenti fin dalla nascita.
Quando il bambino inizia a scrivere in corsivo?
Il risvolto negativo, però, è che, anno dopo anno, sembra diminuire la capacità dei ragazzi di scrivere utilizzando una grafia appena accettabile: se nella scuola primaria il corsivo continua a essere insegnato, a quanto riferiscono gli insegnanti della scuola media, leggere il tema di un ragazzino di 11-13 anni è un’impresa titanica e non sempre è facile “decifrare” le loro scritture misteriose e incomprensibili. Scritture spesso realizzate in stampatello minuscolo, anche se non mancano alunni in grado solo di scrivere in stampatello maiuscolo; tra quanti poi scrivono in corsivo, pochi lo utilizzano in maniera accettabile.
Si tratta di un fenomeno che appare in peggioramento di anno in anno, probabilmente a causa del boom di pc e telefonini tra le nuove generazioni. Ma non è solo il corsivo a essere incomprensibile, nelle rare volte in cui viene utilizzato. Anche il linguaggio tende ad appiattirsi e, soprattutto, a diventare sempre più simile a quello degli sms o delle mail: pieno quindi di abbreviazioni e simboli.
Perché i bambini oggi non scrivono più bene
I dati più evidenti per questa “generazione digitale”, stando a quanto registrano giorno dopo giorno e anno dopo anno gli insegnanti dei vari ordini di scuole, riguardano proprio l’uso del corsivo da parte del bambino, che oltre a risultare spesso illeggibile, è sempre più spesso sostituito dal più semplice stampatello, minuscolo quando non addirittura maiuscolo, e non è affatto raro imbattersi in studenti che non riescono, a distanza di poco tempo, a leggere la loro stessa grafia.
Il problema non è però tanto una questione di calligrafia o bella grafia, quanto soprattutto di un diverso modo di apprendere, non sempre corretto. I ragazzi più giovani, infatti, sempre più spesso si esprimono, sia a parole sia nello scritto, in modo sintetico e superficiale: si assiste a un progressivo impoverimento dei contenuti e a una ridotta capacità di riuscire a esprimere un pensiero logico. È come se i ragazzi, abbandonando l’uso del corsivo, non riescano più a far emergere quei sentimenti e quelle emozioni che invece questo tipo di scrittura, per la sua originalità, riesce a trasmettere.
È importante scrivere in corsivo per il bambino?
Non tutti ritengono, però, che si debba insistere a insegnare e far scrivere in corsivo i bambini delle nuove generazioni: secondo il dottor Italo Farnetani, pediatra, per esempio il corsivo sarebbe addirittura anacronistico. Secondo lo specialista, non avrebbe più senso, nell’era della tecnologia e di Internet, continuare a utilizzarlo nelle nostre scuole e bisognerebbe cominciare a prendere in seria considerazione la possibilità di abolirlo, lasciandolo solo come materia facoltativa per quanti vogliano coltivare l’antica pratica della bella grafia. Non si dimentichi che un tempo vi era addirittura un voto di “calligrafia” (ossia “bella grafia”) per gli alunni, poi abolito. Sarebbe il maiuscolo, scrittura più facile per i bambini, il tipo di scrittura più adatto a essere insegnato al giorno d’oggi nelle scuole. Secondo Farnetani, infatti, la rinuncia al corsivo non avrebbe conseguenze sulla fantasia né sullo sviluppo della personalità dei bambini. La proposta di abolirlo nelle scuole apre un dibattito, tra fautori e contrari all’uso del mero maiuscolo.
Il corsivo è fondamentale per la creatività del bambino
Secondo la dottoressa Selene Grimaudo, pedagogista e consulente Familiare ad Alcamo (Trapani), invece, “una scrittura fatta di solo stampato per tutti finirebbe inevitabilmente per omologare l’espressione e la grafologia (che studia la personalità attraverso la grafia) e non avrebbe motivo di esistere. Attraverso il corsivo, le emozioni dei bambini e il pensiero vengono tradotti in segni “fluidi” e in questo si evince l’essere artistici, l’essere creativi per un bambino. Al contrario, lo stampatello non asseconda i moti dell’anima, ma si omologa alla scrittura del computer, fredda eimpersonale”.
“Secondo il mio parere – prosegue Grimaudo – si dovrebbero introdurre dei laboratori di bella scrittura nella scuola primaria, per ovviare alla tastiera dilagante e dare un voto anche alle produzioni grafiche ben fatte. In più si dovrebbe essere meno tolleranti con tante storpiature grammaticali, come l’uso di “k” invece di “che”, abbreviazioni varie che i ragazzi usano per chat e sms e poi ripropongono nei temi a scuola. Con tutto il rispetto con il lessico che si evolve, ma così facendo si finisce anche per stravolgere la lingua italiana. Da pedagogista, ma soprattutto da insegnante, resto confusa davanti a una scrittura incomprensibile e invito l’alunno a cancellare o tagliare quanto scritto e a cercare di produrre un testo corretto, non solo dal punto di vista ortografico e grammaticale, ma anche dal punto di vista grafico”.
Il corsivo favorisce lo sviluppo psico-motorio del bambino
È d’accordo anche la dottoressa Alberta Carli, psicologa a Milano, secondo cui “il corsivo non debba essere considerato soltanto un vezzo appartenente alle generazioni passate. La diffusione e l’utilizzo del pc coinvolge non solo un numero sempre più vasto di famiglie, ma viene utilizzato anche in età sempre più precoci: ci sono sempre più bambini in età prescolare in grado di maneggiare correttamente giochi elettronici e tastiere e di riconoscere parole e comandi. Tuttavia, viene ancora richiesto dagli insegnanti, soprattutto della scuola primaria, una certa cura e attenzione del corsivo anche dagli insegnanti più giovani; resta comunque vero che oggi lo stampatello può sostituire sempre più frequentemente il corsivo, laddove la comunicazione debba essere precisa, rapida ed efficace.
“Certamente, il corsivo non deve essere considerato solo dalla prospettiva “stilistica” e comunicativa-relazionale, ma è importante considerarne anche gli effetti sullo sviluppo emotivo e fisico dell’individuo. L’apprendimento del corsivo, infatti, coinvolge numerose aree cerebrali preposte a questo compito; nel corso dell’acquisizione della scrittura, dunque, si sviluppano nuove e sempre più complesse connessioni cerebrali”.
Non si tratta quindi solo di una questione di calligrafia
“Il processo della scrittura non è solo la produzione di un segno grafico più o meno chiaro ed elegante, la conquista cioè di una “bella grafia”, ma è l’insieme di un processo che coinvolge diversi organi e parti del corpo: i nostri occhi vedono una lettera/parola, il cervello ne riconosce la forma e il significato e “ordina” al nostro corpo i movimenti necessari per la scrittura – conferma la psicologa Carli -. Tale “percorso” presuppone lo sviluppo della coordinazione viso-motoria e stimola competenze sempre più efficienti; si tratta di un processo complesso, che dovrebbe essere sempre facilitato perché non riguarda solamente la scrittura, ma anche tante altre funzioni di utilità quotidiana. Il corsivo richiede la gestione di un sistema grafico più articolato rispetto allo stampatello caratterizzato da pochi tratti distintivi. Ci sono numerosi studi, che avvalendosi del supporto di tecniche di indagine raffinate (come la risonanza magnetica), hanno dimostrato una relazione importante tra capacità di manipolare manualmente i simboli bidimensionali e la nostra attività cerebrale: più si scrive, più il cervello si specializza (insomma, il corsivo è un ottimo allenamento per le sinapsi del nostro cervello!). In conclusione, un cervello che viene sollecitato più intensamente in tutte le sue aree permette all’individuo una maggiore adattabilità all’ambiente e alle situazioni favorendo un’ottima competenza emotiva. Dire addio al corsivo, significherebbe perdere tutto questo”.
Fonti / Bibliografia
- Ricerca - HumanitasScopo della ricerca è quello di contribuire alla comprensione del funzionamento del cervello in condizioni fisiologiche e patologiche e alla messa a punto di nuove strategie terapeutiche per le malattie – neurologiche e neuropsichiatriche – che colpiscono il sistema nervoso. L’obiettivo ultimo della conoscenza approfondita dei dettagli del funzionamento del sistema nervoso è quello di […]