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Descritta per la prima volta nel 1981 dai medici giapponesi Niikawa e Kuroki, per le sue particolari manifestazioni sul volto dei pazienti, la sindrome di Kakubi prende il nome dal trucco utilizzato nell’omonimo teatro tradizionale del Giappone. Si tratta di una malattia rara che si manifesta in un paziente ogni 32mila (dato sottostimato) e che comporta un leggero ritardo nello sviluppo e nella crescita, malformazioni e altre problematiche, come la difficoltà ad alimentarsi.
Sindrome di Kabuki: cause e sintomi
La principale causa scatenante della sindrome di Kabuki è un’alterazione genetica, anche se in ben il 15-20% dei casi l’origine della patologia resta a tutt’oggi sconosciuta. In circa l’80% dei pazienti, l’anomalia riguarda il KMT2D, il gene che racchiude le istruzioni per la produzione di un enzima atto al controllo dell’attività dei geni preposti allo sviluppo ottimale del corpo. Per il 3-5% di pazienti, invece, la patologia nasce da una mutazione del KDM6A, anch’esso un gene contenente le informazioni per la sintesi di enzimi atti allo sviluppo dell’organismo. In casi ancora più rari, il disturbo è dettato da un’alterazione di geni come RAP1A e RAP1B.
Queste mutazioni avvengono, nella maggior parte dei casi, nelle primissime fasi della gravidanza, quando si sviluppa l’embrione o, anche, direttamente per una malformazione della cellula uovo o dello spermatozoo. In questi casi, dunque, solo il singolo individuo presenterà la patologia in famiglia. Quando, però la sindrome di Kabuki in un futuro genitore è causata da un’alterazione del KMT2D, il rischio di trasmissione al bambino è molto alto, assestandosi al 50% delle probabilità.
Nella casistica in cui, invece, la patologia sia scatenata da alterazioni del KDM6A, l’ereditarietà è dettata dal cromosoma X, che contiene il gene. In questi casi, avendo anche una copia “normale” del gene sull’altro cromosoma X, una donna è generalmente portatrice sana della mutazione, o comunque presenta manifestazioni meno evidenti della patologia. In caso di gravidanza, però, la trasmissione a un figlio maschio è certa, mentre per le femmine potrebbe palesarsi con sintomi più lievi. Quando, invece, la mutazione del KDM6A colpisce un maschio, in otto casi su dieci, si tratta dell’unico caso in famiglia e la patologia si è sviluppata al momento del concepimento.
Come detto, la sintomatologia legata alla sindrome di Kabuki può variare sensibilmente a seconda del sesso del paziente, con manifestazioni più accentuate nei maschi. Come riportato dall’ospedale Pediatrico Bambino Gesù, generalmente la patologia si presenta con un lieve ritardo dello sviluppo intellettivo e corporeo, oltre a malformazioni congenite e peculiari e riconoscibili caratteristiche facciali e difficoltà nell’alimentazione, con una stentata crescita pondero-staturale.
La sindrome di Kabuki può essere associata anche a epilessia, così come a una cardiopatia congenita, a difetti a livello interatriale o interventricolare e anomalie scheletriche a livello vertebrale. Più frequenti, le malformazioni dell’apparato urinario, mentre quelle a livello ano-rettale si presentano raramente.
Più facilmente riconoscibili tra i 3 e i 12 anni, le peculiarità della conformazione del volto, rappresentano una caratteristica tipica della sindrome di Kabuki. In particolare, le specificità interessano gli occhi, con rime palpebrali allungate, rotazione verso l’esterno del bordo della palpebra inferiore e sopracciglia ampie, arcuate e rade. Al tempo stesso, il naso è sovente appiattito, possono presentarsi anomalie del palato, mentre il labbro inferiore può accusare una eversione e le orecchie essere più ampie del normale. Altrettanto specifica è la presenza di cuscinetti sui polpastrelli.
Esiste una cura per la sindrome di Kabuki?
Diagnosticabile attraverso uno specifico esame molecolare dei geni, per individuarne al meglio la causa scatenante, la sindrome di Kabuki viene trattata in modo sintomatico, andando a intervenire in base alle necessità e alle problematiche del singolo paziente.
Certamente, nella maggior parte dei casi, per il ritardo nell’acquisizione delle capacità motorie, è necessario ricorrere a trattamenti fisioterapici e psicomotori. Soprattutto con conformazioni anomale del palato, poi, il supporto di un logopedista risulta fondamentale per contrastare eventuali ritardi nel linguaggio.
Nei pazienti che presentano difficoltà ad alimentarsi, si procede con tecniche di nutrizione ad hoc, come per esempio l’impiego di un sondino. Gli esperti del Bambino Gesù consigliano, poi, di prevedere valutazioni neuro-psicodiagnostiche regolari nel tempo, attraverso testi cognitivi specifici e trattamenti cognitivo-comportamentali.
L’epilessia può essere curata farmacologicamente, mentre per le malformazioni, sempre tenendo conto della specifica casistica, sarà necessario ricorrere a un trattamento medico o chirurgico, coinvolgendo gli specialisti del caso. In ogni caso, è fondamentale monitorare costantemente la situazione generale, per individuare eventuali ulteriori potenziali problematiche associate alla sindrome e scongiurare complicazioni.
Fonti / Bibliografia
- Sindrome di Kabuki - Ospedale Pediatrico Bambino GesùMalattia rara, tra i sintomi vi sono lieve ritardo nello sviluppo, difficoltà di alimentazione e difficoltà di crescita