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Individuare precocemente l’autismo aiuta a contenere il disturbo. Uno studio italiano, pubblicato sulla rivista Infancy, giornale ufficiale dell’International Congress of Infant Study, mostra come le prime avvisaglie possono vedersi già dall’anno di vita. Ecco quando si capisce che un bambino è autistico.
Come si riconosce l’autismo nei bambini?
Lavorando insieme per aiutare a percepire le informazioni che arrivano dall’ambiente esterno, i sensi sono un’importante cartina tornasole per valutare e rivelare la possibile presenza di disturbi associabili all’autismo. Questo è vero fin dai primi mesi di vita, quando i piccoli rispondono ed elaborano stimoli visivi e uditivi, integrandoli per un completo sviluppo cognitivo, comunicativo e sociale.
Come rivelato da uno studio condotto dal gruppo ricerca del Babylab dell’IRCCS Medea, che fa parte della rete dei centri di ricerca istituita dall’Istituto Superiore di Sanità finalizzata all’identificazione precoce dell’autismo in collaborazione con il NIDA (Network Italiano per il Riconoscimento Precoce dei Disturbi dello Spettro Autistico), già a partire dai dodici mesi di vita è possibile valutare eventuali difficoltà di elaborazione sensoriale. Veri e propri campanelli d’allarme capaci di anticipare e diagnosticare l’autismo.
Stando ai dati diffusi dal Ministero della Salute, in Italia, un bambino ogni 77 di 7-9 anni di età presenta un disturbo dello spettro autistico. Sono, invece, l’1% le famiglie che ci convivono, per un totale di circa 600mila casi di autismo e altrettante famiglie coinvolte. Nei primissimi mesi di vita, lo stimolo maggiore arriva, ovviamente, dalla mamma, dal suo volto e dal suo modo di comunicare e parlare. Ecco, perché scoprire come questa interazione stimoli l’abilità di integrazione è fondamentale per comprendere come si svilupperà.
Come si comporta un bambino autistico?
Gli autistici hanno interessi molto limitati, tendono a ripetere e seguire comportamenti sempre uguali e faticano a integrare più modalità sensoriali, come quelle audiovisive. Partendo dall’assunto che le risposte sensoriali atipiche rientrano nei criteri diagnostici dell’autismo, gli studiosi del BabyLab hanno preso in esame le capacità cerebrali dei fratelli di bimbi affetti da autismo, che hanno maggiori possibilità (1:5) di rivelare il disturbo rispetto alla media nazionale (1:77).
Servendosi di tecniche elettrofisiologiche, i ricercatori hanno studiato l’abilità di integrare le informazioni visive e auditive nei bambini di 12 mesi sottoposti a un’illusione psicolinguistica definita “effetto McGurk”. Il test consiste nel mostrare ai piccoli il video di una persona intenta a pronunciare le sillabe PA e KA creando stimoli congruenti, con il movimento delle labbra aderente al suono prodotto, e stimoli incongruenti, con suono e movimenti non corrispondenti.
Già dall’anno di vita, le tecniche elettrofisiologiche hanno rivelato risposte cerebrali differenti a quelle tipiche nei bambini con familiarità con l’autismo, che sono sembrati poco avvezzi a percepire l’incongruenza. Inoltre, a questa ridotta risposta neurale si associa una ridotta capacità di reazione agli stimoli sensoriali.
Si possono limitare i disturbi dell’autismo?
La ricerca del BabyLab apre la strada a nuove importanti possibilità di prevenzione e individuazione del problema, permettendo di intervenire in modo tempestivo e personalizzato sul singolo piccolo paziente, così da migliorare la qualità di vita, sua e della sua famiglia. Approfondire meglio i dati permetterà, inoltre, di comprendere come prevenire il progressivo sviluppo di anomalie socio-comunicative.
Fonti / Bibliografia
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- IRCCS Eugenio Medea - Istituto scientifico per la medicina della riabilitazione - E. Medea IRCCSIRCCS Eugenio Medea - Istituto scientifico per la medicina della riabilitazione
- NIDA - OssNA