Punizioni corporali (e non solo) in famiglia: tutti gli abusi fisici e verbali da escludere

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 17/06/2024 Aggiornato il 17/06/2024

Queste forme di prevaricazione sono un vero e proprio danno alla crescita di un bambino e non servono ad educarlo. Ecco perché e come ci si dovrebbe invece comportare.

Punizioni corporali (e non solo) in famiglia: tutti gli abusi fisici e verbali da escludere

Punizioni corporali e abusi verbali, un tempo considerati “metodi educativi”, sono oggi definiti dall’Organizzazione mondiale della Sanità forme di violenza e sopraffazione. Non solo non servono a educare un bambino, ma danneggiano la sua autostima e gettano le basi per un rapporto scorretto con gli altri. Insomma, punizioni corporali e abusi verbali sono sistemi assolutamente da evitare, facendo invece leva su aspetti motivazionali.

Punizioni fisiche e verbali

Allevare un bambino, nutrirlo, dargli una casa non è sufficiente per crescerlo davvero bene e farne una persona sana e serena. È essenziale assicurargli integrità fisica e benessere psichico, attraverso un comportamento adeguato da parte degli adulti, anche per quanto riguarda la correzione di attitudini o gesti sbagliati. Questi si possono commettere nell’infanzia perché non si ha ancora la percezione del pericolo e il senso di quello che è giusto o sbagliato.

Bisogna però evitare di ricorrere alle maniere forti: “Punizioni corporali come ceffoni e sculacciate non sono più accettabili, perché sono considerate forme di maltrattamento e di violenza” spiega la dottoressa Paola De Rose, neuropsichiatra al Bambino Gesù di Roma. “Lo stesso vale per gli insulti e le definizioni offensive, un aspetto ancora più delicato e complesso perché spesso queste modalità non sono considerate pericolose. Si tratta infatti di abusi verbali che possono avere pesanti conseguenze sull’equilibrio psicologico del bambino in crescita”.

Abusi contro i bambini: perché le punizioni corporali non vanno bene

Molti genitori sono ancora convinti che ricorrendo a uno schiaffo oppure a uno scapaccione si riesca a far capire al bambino quale sia il modo corretto di comportarsi. In realtà, le punizioni corporali sono un doppio fallimento educativo. In primo luogo perché non rappresentano l’autorevolezza dei genitori ma solo l’autorità, che può interferire con un corretto rapporto affettivo con il piccolo. Inoltre, uno schiaffo è una punizione inutile perché non raggiunge il proprio obiettivo, ossia far capire al bambino che un certo comportamento è pericoloso o sbagliato.

Le punizioni corporali non educano

“Lo schiaffo, lo scapaccione o la punizione che prevede il privare di qualcosa rappresentano un comportamento coercitivo basato sulla paura” aggiunge la dottoressa De Rose. “Non aiuta il bambino a capire il perché non si deve agire in un certo modo, non favorisce lo sviluppo di un senso critico verso alcune situazioni sbagliate”. È quindi possibile che, quando gli adulti non lo vedono, il bambino metta ancora in atto il comportamento sbagliato perché il messaggio che riceve è questo: non è che non vada bene, ma che non deve essere fatto davanti ai genitori. Lo stesso discorso vale per le punizioni che consistono, per esempio, nel privare della televisione o di un gioco, oppure nel tenere il bambino chiuso in casa impedendogli di vedere gli amici.

Le conseguenze sulla crescita

Si deve operare ovviamente una distinzione tra il ceffone isolato e un’abitudine ripetuta a colpire un bambino per “educarlo” o a indirizzargli spesso termini offensivi. Uno schiaffo può sfuggire, se il genitore si spaventa perché, per esempio, il piccolo scappa in mezzo alla strada o afferra un oggetto pericoloso: è una reazione comprensibile, anche se sicuramente non accettabile e che non deve diventare un sistematico strumento educativo. No agli schiaffi, insomma: “Le punizioni corporali o le parolacce sono un fattore di rischio per le malattie mentali in età adulta, minano l’autostima e la percezione positiva del sé” dice ancora l’esperta. “Non solo. Incidono negativamente anche sulla capacità di instaurare un rapporto sano e costruttivo con le altre persone”. Ecco alcune delle conseguenze che si possono verificare in un bambino vittima di maltrattamento e abuso, sia nell’infanzia sia durante l’adolescenza.

  • Deficit cognitivi e ritardo intellettivo, difficoltà scolastiche
  • Disturbi dell’umore come ansia, depressione, fobie
  • Disturbi della condotta alimentare 
  • Difficoltà a instaurare amicizie e legami sentimentali sani
  • Vissuto negativo della propria persona, senso di colpa
  • Propensione ad accettare relazioni in cui si è vittime, nella convinzione di valere poco.

Come educare in modo costruttivo

Educare in modo efficace i bambini, senza sistemi coercitivi controproducenti, è possibile, rimodulando il loro comportamento scorretto verso qualcosa di costruttivo. Se per esempio un bimbo non vuole stare seduto a tavola, si può fare leva su un obiettivo positivo, per esempio dicendo: se stai tranquillo a tavola per tutta la cena, domani andiamo a giocare al parco oppure al cinema. È meglio evitare le minacce, i ricatti e anche le ricompense sotto forma di regali o soldi. Il bambino deve capire che un comportamento corretto si segue perché è giusto farlo, non per avere ricompense. Inoltre è bene cercare di capire se, alla base di un atteggiamento scorretto da parte del bambino, non vi sia una situazione di disagio o di malessere, risolta la quale anche il comportamento possa migliorare. Anche per questo è opportuno parlarne con il pediatra.

Foto di Monstera Production per pexels.com

 

In breve

Punizioni corporali e abusi verbali non sono in alcun modo un efficace sistema educativo. Rendono il bambino insicuro, gli creano difficoltà nella relazione con gli altri, interferiscono con il corretto sviluppo cognitivo. Niente scapaccioni e definizioni offensive, quindi, meglio far capire al piccolo dove ha sbagliato, cercando una soluzione costruttiva.

 

Fonti / Bibliografia

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