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Contro l’ osteoporosi infantile in futuro potrebbe esserci una nuova arma: una terapia in grado di ridurre la perdita ossea senza comprometterne la crescita. La notizia arriva da uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Bone da un gruppo di ricercatori della Hokkaido University (Giappone) guidati da Masahiko Takahata.
Di che cosa si tratta
L’osteoporosi è una condizione caratterizzata da un progressivo indebolimento delle ossa. Rappresenta un grave problema di salute in tutto il mondo e, pur interessando principalmente gli adulti, può colpire anche i bambini come conseguenza di disturbi genetici o altre malattie.
Gli effetti collaterali dei farmaci
Negli adulti l’osteoporosi viene trattata con l’assunzione di bifosfonati, anche conosciuti come bis-fosfonati o difosfonati, farmaci che rallentano l’attività degli osteoclasti, ovvero le cellule che distruggono l’osso, favorendo al contempo l’azione degli osteoblasti, ovvero le cellule deputate alla formazione di nuovo tessuto osseo. Poiché, però, gli osteoclasti svolgono anche un ruolo intrinseco nel processo di crescita ossea, si teme che l’uso dei bifosfonati nei bambini possa influenzare negativamente lo sviluppo delle ossa.
Speranze per il futuro
Lo studio giapponese lascia sperare che in futuro si potrà sviluppare una terapia in grado di trattare l’ osteoporosi infantile senza compromettere la crescita ossea: i ricercatori hanno infatti scoperto che l’inibizione nelle ossa di ratti giovani della proteina Siglec-15, coinvolta nel processo di riassorbimento e formazione dell’osso e nella regolazione della produzione degli osteoclasti, aumentava la massa e la forza delle ossa senza comprometterne la crescita. Mentre il trattamento a base di bifosfonati, pur aumentando la massa e la forza ossea, aveva causato anomalie ossee e ritardo della crescita.
Necessarie ulteriori ricerche
Questi risultati suggeriscono che la terapia anti-Siglec-15 potrebbe essere una soluzione per combattere l’ osteoporosi infantile. I ricercatori spiegano però che è prematuro parlare di nuovo trattamento, poiché gli studi sono stati per ora condotti solo su modelli animali e il comportamento degli osteoclasti nei ratti potrebbe non essere completamente allineato con quello negli esseri umani.