Mutismo selettivo nei bambini: cos’è e come affrontarlo

Silvia Finazzi A cura di Silvia Finazzi Pubblicato il 26/07/2023 Aggiornato il 26/07/2023

A casa il bambino è un chiacchierone, mentre all’asilo si blocca e non riesce a parlare? Potrebbe soffrire di mutismo selettivo, un disturbo d’ansia caratterizzato proprio dall’incapacità di comunicare in determinati contesti sociali. Se si interviene nel modo giusto, può essere risolto con successo

Il mutismo selettivo è un disturbo che nasconde un disagio psicologico del bambino come la dislessia e l'Adhd. I consigli dell'esperto per affrrontarlo al meglio

Il mutismo selettivo o MS è un disturbo sempre più diffuso: secondo le statistiche, oggi riguarda 1 bambino su 100. Eppure è poco conosciuto ed è anche per questo che in alcuni casi viene diagnosticato con un certo ritardo. Invece, è molto importante essere tempestivi nell’individuarlo e nel trattarlo. Ecco perché è essenziale sapere di che cosa si tratta e imparare a cogliere i primi segnali. “Per noi esperti, MS è l’acronimo, oltre che di mutismo selettivo, anche di momentaneamente silenziosi: se si interviene nei tempi e nei modi corretti, infatti, i bambini che soffrono del disturbo possono superarlo con successo e in un tempo relativamente breve” conferma Emanuela Iacchia, psicologa e psicoterapeuta dell’età evolutiva e direttrice del comitato scientifico di Aimuse, Associazione Italiana Mutismo Selettivo.

I bambini con mutismo selettivo non riescono a parlare in alcuni contesti sociali, nonostante lo sviluppo e la comprensione del linguaggio siano nella norma tanto che spesso in altre situazioni riescono tranquillamente a comunicare. Per esempio, in molti casi hanno un blocco a scuola, per cui non riescono a interagire con compagni e insegnanti, mentre negli ambienti famigliari e con le persone con cui si sentono a proprio agio parlano liberamente, si esprimono con proprietà di linguaggio, raccontano quello che accade loro. Di qui il termine “selettivo”, che sta a indicare proprio la difficoltà del bambino a esprimersi in ambienti sociali in cui non si sente a proprio agio.

A che cosa è dovuto il mutismo selettivo?

Il mutismo selettivo è un disturbo d’ansia che generalmente esordisce attorno ai tre anni, quando c’è il primo inserimento in un ambiente sociale, la scuola dell’infanzia. Non dipende da disfunzioni organiche, problemi dello sviluppo del linguaggio o deficit intellettivi, ma è un atteggiamento di risposta a un forte stato emotivo legato all’ansia: l’ansia è talmente forte da irrigidire le corde vocali e da impedire di articolare i suoni. I bambini che ne soffrono sono perfettamente in grado di parlare, ma nei contesti sociali extrafamigliari non riescono a farlo nonostante lo desiderino perché è come se fossero bloccati. “A tutti noi capita di sperimentare blocchi simili, per esempio durante un convegno con tante persone o una riunione particolarmente importante: vorremmo intervenire e dire la nostra opinione, ma non troviamo il coraggio. Ebbene, a chi soffre di mutismo selettivo, nelle situazioni sociali, questo capita sempre” spiega l’esperta. Può anche capitare però che i bambini non parlino nemmeno a casa o smettano di farlo nel tempo. La selezione degli interlocutori, infatti, può essere più o meno ampia a seconda dei casi. Talvolta, il bambino riesce a parlare a un solo genitore.

Questo blocco dipende dall’interazione fra tre diversi ordini di fattori:

  •  genetici: sicuramente c’è una componente ereditaria di base poiché il rischio è più elevato se i genitori hanno sofferto a loro volta di mutismo selettivo o se presentano problematiche legate allo spettro dell’ansia;
  •  temperamentali: nello sviluppo del disturbo intervengono anche il temperamento e le caratteristiche costituzionali di ciascun individuo. Questo spiega perché un fratello può essere soggetto al disturbo e un altro no. Tratti come l’accentuata sensibilità, l’elevata fragilità, l’isolamento, la tendenza abituale a mostrare paura o a evitare persone, situazioni, oggetti nuovi o non familiari possono essere campanelli di allarme;
  •  ambientali: ereditarietà e temperamento interagiscono con il contesto in cui il bambino cresce. Per esempio, determinati atteggiamenti degli adulti con cui si rapporta quotidianamente possono avere un ruolo determinante nella manifestazione del mutismo selettivo.

I bambini con mutismo selettivo sono talmente sensibili che alcune esperienze creano in loro una memoria d’ansia che li porta a temere altre esperienze sociali. Per esempio, per loro possono essere traumatici anche rimproveri rivolti al gruppo da un adulto, come “la volete chiudere quella bocca”, oppure l’imbarazzo provato in un particolare contesto. Per la paura di rivivere quelle stesse emozioni, si “freezerano”, cioè si congelano, con la speranza di passare inosservati. Il loro pensiero è “se non parlo e non mi muovo, sparisco dalla vista degli altri”, ecco perché spesso limitano anche i movimenti.

Come capire se si soffre di mutismo selettivo

Spesso, il mutismo selettivo viene scambiato per un altro disturbo.  I bambini che ne soffrono sono particolarmente sensibili, per cui non di rado il loro atteggiamento viene considerato come timidezza. In altri casi invece viene scambiato per oppositività: i silenzi del bambino vengono interpretati come una sua volontà di non parlare, e quindi considerati al pari di una sfida, una provocazione, un modo per sottrarsi alle regole e all’impegno. Ovviamente questo può portare ad adottare soluzioni e atteggiamenti non consoni, che possono peggiorare la situazione, indebolire ulteriormente l’autostima del bambino, ritardare la diagnosi e determinare un consolidamento del disturbo. Non di rado subentrano anche altre problematiche, come l’essere vittime di bullismo, che rende i soggetti ancora più fragili. Ecco perché è importante porre una diagnosi il più tempestiva possibile. Ovviamente occorre rivolgersi a un professionista, che dovrà escludere altre possibili problematiche. Per porre una diagnosi di mutismo selettivo il bambino:

  • non deve parlare in determinati luoghi e contesti sociali in cui ci si aspetta che parli, come la scuola;
  • deve parlare normalmente nelle situazioni in cui si trova a proprio agio come a casa, sebbene alcuni bambini possano essere muti anche nell’ambiente famigliare;
  • ha difficoltà di “funzionamento” nel contesto scolastico e/o nelle situazioni sociali poiché la sua incapacità di parlare interferisce anche con la sua capacità di “funzionare”;
  • deve essere silenzioso da almeno un mese;
  • non deve presentare disturbi della comunicazione, come la balbuzie, o disturbi mentali, come autismo, schizofrenia, ritardo mentale.
     

I bambini con mutismo selettivo tendono a essere bloccati anche nei movimenti: si muovono poco, possono non mangiare per non dover aprire la bocca, non vanno in bagno. Ma possono essere anche agitati e aggressivi. Possono avere difficoltà a mantenere il contatto visivo, rigidità fisica e inespressività del volto. Quando vengono interpellati, tipicamente voltano la testa o guardano a terra o si toccano i capelli oppure si nascondono. Possono comunicare attraverso gesti, muovendo il capo, spingendo o tirando l’interlocutore, emettendo suoni, scrivendo.

Come si comporta un bambino con mutismo selettivo

Per i genitori non è facile riconoscere i campanelli di allarme, perché spesso a casa i bambini sono vivaci, chiacchierano, raccontano ciò che hanno fatto a scuola. In molti casi, i primi ad accorgersi che c’è qualcosa di strano sono gli insegnanti poiché è in classe che il bimbo non parla. Per questo, è importante sapere quali possono essere i primi campanelli di allarme. In particolare, è bene fare attenzione se il figlio:

  • è particolarmente chiuso;
  • smette di parlare con persone al di fuori dal contesto famigliare;
  • ha difficoltà a staccarsi dai genitori;
  • quando è fuori casa, comunica spesso nell’orecchio di mamma e papà;
  •  è molto selettivo nel cibo quando è fuori casa;
  • quando è nei contesti sociali non esprime i propri bisogni agli altri, per esempio non dice che deve andare in bagno.

In caso di sospetti, è bene che i genitori chiedano aiuta al pediatra e a un professionista del mutismo selettivo. Potrebbe trattarsi di un’ansia legata a un momento particolare oppure potrebbe trattarsi di un’ansia più profonda. Per avere informazioni sul disturbo e indicazioni su come affrontarlo ci si può rivolgere ad Aimuse, l’Associazione italiana di mutismo selettivo, che ha una rete di esperti in tutta Italia.

Come si risolve il mutismo selettivo

Se si adottano le strategie giuste, affidandosi a professionisti formati nel trattamento di questa problematica, il mutismo selettivo è un disturbo assolutamente transitorio e superabile. Naturalmente prima si interviene e meglio è: più a lungo si rimane nel silenzio e più il percorso per uscirne è complesso. “Per curarlo si ricorrere a una psicoterapia specifica, con lo scopo di aiutare il bambino a superare le sue paure, trasmettergli il messaggio che provando a essere un po’ più coraggiosi si può stare meglio, aumentare la sua autostima. Possono essere molto utili anche le terapie di gruppo, come la psicomotricità e le musicoterapia” racconta la psicoterapeuta. “Naturalmente, è importante anche fare un lavoro con le famiglie, per aiutarle a mettere in atto le strategie utili ad accompagnare i figli in questo percorso. Noi di Aimuse proponiamo anche delle vacanze terapeutiche intensive in cui i bambini ricevono stimoli sia dal gruppo di pari, sostenendosi a vicenda, sia dal gruppo di professionisti” racconta la psicoterapeuta.

Il mutismo selettivo rientra, al pari della dislessia  e del  ADHD-deficit di attenzione e iperattività, nei Bisogni Educativi Speciali (B.E.S.), che sono disciplinati da una normativa per tutelare gli alunni: in presenza di una certificazione che attesti la diagnosi di mutismo selettivo, gli inseganti devono adottare precise strategie per aiutare i bambini ad affrontare la propria vita scolastica.

Come comportarsi con bambini che non parlano?

È importante che i genitori di bambini con mutismo selettivo seguano dei parent training e partecipino a momenti di confronto individuali e di gruppo per capire come comportarsi con i figli, non sentirsi soli e parlare delle proprie difficoltà. Ecco alcuni consigli pratici da adottare con il proprio bambino:

  • spiegargli che cos’è il mutismo selettivo, utilizzando parole semplici e spiegando che altri bambini ne soffrono;
  • rassicurarlo costantemente sul fatto che i genitori gli vogliono bene e sono pronti ad aiutarlo in qualsiasi momento;
  • evitare di sottolineare le sue difficoltà, dicendo frasi come “non stai parlando”, “perché non rispondi?”;
  • cercare di non forzarlo a parlare e non punirlo o minacciarlo in caso di silenzio;
  • coinvolgerlo nelle azioni che lo riguardano, informandolo su cosa potrebbe succedere in quel contesto o chiedendogli se sia pronto ad affrontare una nuova situazione;
  •  non promettere premi, del tipo “se parli, ti faccio in regalo”;
  •  invitarlo pian piano a uscire dalla propria zona di comfort, per esempio invitando degli amichetti a casa, un ambiente in cui si sente a proprio agio, e portandolo spesso al parco;
  •  fare da tramite nella comunicazione con gli altri, ma non sostituirsi a lui. Comunicare cioè quello che lui non riesce a dire, ma aspettando che sia lui a dare indicazioni su che cosa esprimere;
  • non anticiparlo, ma rispettare i suoi tempi: per esempio, al ristorante provare ad aspettare che risponda lui al cameriere;
  • favorire progressivamente la sua autonomia, coinvolgendolo in azioni quotidiane di cura personale e aiuto domestico;
  • utilizzare strategie creative per rendere più semplici situazioni ansiogene: creare dei giochi, lanciare piccolissime sfide, cercare di essere divertenti;
  • non provare imbarazzo o vergogna e parlare delle sue difficoltà con amici e parenti, per non isolarlo;
  • fargli capire che il mondo non è un posto minaccioso e ci sono persone pronte ad aiutare. Per esempio, mostrargli per primi come è bello parlare con gli altri e chiedere una mano quando serve;
  • non mostrare eccessiva meraviglia o felicità se inizia a parlare in luoghi o con persone differenti.

Con gli adolescenti è essenziale lavorare sulle autonomie. “I ragazzi tendono ad aprirsi di più nelle situazioni in cui nessuno sa che non parlano. Chiedere allora ai figli di andare a fare la spesa, di prenotare l’ombrellone o di ordinare la pizza al ristorante: bisogna stimolarli, piano piano e senza forzature, ad aprirsi ed essere più autonomi”, suggerisce la direttrice scientifica di Aimuse.

Quanto può durare il mutismo selettivo?

Nella maggior parte dei casi il mutismo selettivo esordisce attorno ai tre anni, con l’inserimento nel primo contesto sociale, la scuola dell’infanzia. In alcuni casi però compare prima, all’asilo nido, o più avanti, all’inizio della scuola primaria, per esempio perché il bambino emotivamente fragile e sensibile vive gli atteggiamenti di qualche compagno o insegnante come intrusivi o aggressivi. Se riconosciuto precocemente e trattato nei modi corretti, il disturbo può risolversi nel giro di poco tempo. Al contrario, se non viene curato in maniera tempestiva può trascinarsi fino all’adolescenza e trasformarsi anche in fobia sociale, ossia in paura di stare con gli altri. I ragazzi che ne soffrono non solo non riescono a parlare nei contesti sociali, ma perdono il coraggio di stare in mezzo ad altre persone e finiscono con l’isolarsi. “Nei bambini piccoli, l’emozione più forte è la paura, la paura dell’altro, del mondo minaccioso, del non essere ascoltati. Negli adolescenti la paura spesso lascia lo spazio alla vergogna di parlare e di stare con gli altri. Il silenzio diventa la comfort zone di questi ragazzi, che però stando muti vivono una sofferenza molto forte perché invece vorrebbero poter comunicare con gli altri” chiarisce la dottoressa Iacchia. La pandemia non ha fatto altro che peggiorare le cose, inasprendo i sintomi di chiusura nei bambini e ragazzi più sensibili.

 

 
 
 

In sintesi

Il mutismo selettivo è un disturbo d’ansia che in genere esordisce attorno ai tre anni di età. Il bambino che ne soffre non riesce parlare in alcuni contesti sociali, nonostante lo sviluppo e la comprensione del linguaggio siano nella norma tanto che spesso in altre situazioni riesce tranquillamente a comunicare. Tipicamente, a casa è un chiacchierone, mentre all’asilo si blocca, per paura di essere notato e vivere situazioni spiacevoli. Se riconosciuto e trattato tempestivamente, il disturbo può essere risolto con successo in breve tempo con terapie specifiche, in grado di rendere il bambino meno timoroso, più sicuro e coraggioso.

Fonti / Bibliografia

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