Tra i 18 mesi e i 3 anni quasi tutti i bambini attraversano una fase contraddistinta da un atteggiamento scontroso e oppositivo nei confronti dei genitori e più in generale delle figure adulte di riferimento, che si manifesta in particolare attraverso l’aumento dei “no” a ogni richiesta rivolta loro. È la ben nota fase del no. Ecco come affrontarla al meglio con i consigli della dottoressa Luigina Catanzaro, psicologa e psicoterapeuta presso l’ospedale San Paolo di Milano e superare indenni la fase del no nei bambini.
Si tratta di una fase della crescita molto importate, conosciuta proprio come la “fase del no nei bambini”, durante la quale il piccolo, attraverso il rifiuto delle regole imposte dai “grandi” e l’intensificazione dei capricci o delle reazioni di rabbia, compie un passaggio chiave all’interno del percorso che lo porterà a riconoscersi come un individuo dotato di una propria volontà e di una personalità distinta da quella di mamma e papà.
Sapere che tale carica trasgressiva risulta caratteristica di questa fascia d’età e destinata a ridimensionarsi col procedere della maturazione psicofisica aiuta ad affrontare più facilmente un periodo che tende spesso a risultare molto impegnativo soprattutto per la mamma.
Il destinatario privilegiato dei “no” più ostinati e delle sfide più estenuanti tipiche di questa età è la mamma: è, infatti, soprattutto da lei – in quanto principale “figura d’attaccamento” – che il bambino deve “prendere le distanze” per iniziare a riconoscersi come un’entità separata e autonoma. Ecco perché molto spesso a quest’età la gestione del piccolo è più facile per i papà che dovrebbero sfruttare questo vantaggio a favore della partner, aiutandola a evitare di esasperare la tensione che tende a crearsi dinnanzi alle frequenti provocazioni del figlio e proponendo delle vie d’uscita che possano rappresentare un compromesso tra le posizioni dei due “sfidanti”.
Questo ruolo da mediatore può essere svolto più facilmente dal padre anche grazie al fatto che egli tende a trascorrere molto meno tempo con il bambino, il che gli consente di essere più paziente e comprensivo.
Anche se si è consapevoli delle ragioni di questo atteggiamento del bambino, non è sempre facile riuscire a non perdere la pazienza e a mantenere il controllo, soprattutto di fronte a scenate e capricci particolarmente intensi. Al fine di ridurre la frequenza degli scontri è consigliabile:
- ridurre le regole ma pretendere che vengano rispettate: se i divieti sono troppi sarà più difficili gestirli e l’atteggiamento trasgressivo del bambino potrebbe rischiare di risultarne esasperato o, al contrario, eccessivamente frustrato;
- non subire il “ricatto” della scenata: “darla vinta” al piccolo per evitare l’imbarazzo di una sua reazione eccessiva in pubblico è un errore molto comune che va, però, evitato: si tratta infatti di un comportamento altamente antieducativo e disorientante per il bambino che nei limiti imposti dagli adulti inconsapevolmente cerca (e dovrebbe trovare) un contenimento rassicurante alle proprie pulsioni. Se proprio non si riesce a sostenere il disagio di una scenata pubblica, è più opportuno trovare un compromesso che eviti di scaldare eccessivamente i toni dello scontro. Ecco un esempio: quando è il momento di scendere dall’altalena e il bambino si rifiuta di farlo minacciando pianti e strepiti è consigliabile permettergli, dichiarandolo prima, un’ultima sequenza di spinte prima di fargli cedere il posto. A questo punto però, se il piccolo continua a ribadire il suo “no”, va fisicamente tolto dall’altalena anche a fronte di una sua reazione intensa.
Fonti / Bibliografia
- Disturbo oppositivo-provocatorio - Ospedale Pediatrico Bambino GesùIl bambino non riesce a controllare le emozioni e i comportamenti. Si può verificare intorno ai 6 anni di vita, pur essendo possibili manifestazioni anche in età inferiore ai 5 anni e può continuare, in seguito, fino all'adolescenza