Nel prato dietro casa così come in spiaggia, il bambino può rimanere vittima di piccoli incidenti. Ecco le soluzioni più semplici ed efficaci per fronteggiarli. Se, invece, il problema richiede il parere dell’esperto, come la puntura di un calabrone o l’ingestione involontaria di una pianta velenosa, meglio lasciar perdere i rimedi casalinghi e rivolgersi subito al più vicino ambulatorio pediatrico o direttamente al Centro antiveleni. Ecco come proteggere i bambini dalle insidie dell’estate con il consigli del dottor Leo Venturelli, pediatra a Bergamo.
Ormai non pungono più solo al tramonto, prediligono le pelli sudate e sono attratte dagli indumenti scuri. Se ci si trova in una zona umida, la possibilità di essere punti dalle zanzare aumenta. In corrispondenza della puntura si avverte un intenso prurito, nella zona si crea un pomfo rosso e gonfio. Questo perché con la loro puntura le zanzare iniettano una sostanza anestetizzante per agire indisturbate. È proprio questa sostanza a provocare il prurito ed eventuali crisi allergiche (rare per la verità).
Che cosa fare. Zanzariere e repellenti sono le armi più a portata di mano. In caso di puntura, occorre disinfettare la zona interessata e mettere del ghiaccio per calmare il prurito. È bene poi xontattare il pediatra solo se il prurito e il gonfiore non passano in breve tempo: in questo caso, infatti, lo specialista può essere prescrivere una pomata al cortisone o un antistaminico.
Insieme alle api e ai calabroni, le vespe appartengono alle famiglia degli imenotteri e possono provocare reazioni allergiche più o meno gravi (fino allo shock anafilattico) nelle persone predisposte, compresi i bambini. Le api di fatto pungono solo se si considerano in pericolo e muoiono subito dopo, mentre le vespe e i calabroni – entrambi più aggressivi – possono pungere più volte perché non perdono il pungiglione.
I sintomi della puntura sono simili in tutti e tre i casi: il dolore è intenso e può protrarsi anche per ore, la parte interessata si gonfia e diventa rossa, ma se a pungere è stata un’ape è possibile vedere il pungiglione sottopelle. Le reazioni alle punture variano da bambino a bambino, perché dipendono anche da una diversa sensibilità individuale e dal punto della puntura.
Che cosa fare. Il ghiaccio in ogni caso è un toccasana. Nel caso della puntura d’ape si può estrarre il pungiglione con una pinzetta sterilizzata, proprio come se fosse una scheggia. Dopo l’estrazione, occorre lavare e disinfettare con cura la parte interessata. Se il bambino lamenta solo dolore, non è necessario chiamare il pediatra. Se, invece, compare una reazione allergica con gonfiore e rossore che tende ad estendersi oppure nel caso il bambino inizi a sudare e respirare a fatica occorre portarlo subito al Pronto Soccorso.
Le zecche sono parassiti silenti che si attaccano all’ospite senza infastidirlo; è possibile incontrarle dove c’è l’erba alta e incolta, per esempio nelle aree per i cani o in campagna, soprattutto vicino ai pascoli. L’adesione della zecca non provoca dolore né prurito e in genere la si scopre per caso. Una volta eliminata, in genere, non ci sono conseguenze. Tuttavia, in alcuni casi, la zecca può essere il veicolo della Malattia di Lyme, che si manifesta con febbre alta, lesioni cutanee e linfonodi ingrossati.
Che cosa fare. La zecca va rimossa con una pinzetta sterilizzata e dopo aver passato dell’olio sulla parte interessata. È importante eseguire questa operazione con precisione, facendo attenzione a non lasciare nella pelle residui del parassita che potrebbero provocare un’infezione. Se a distanza di qualche giorno dal morso della zecca, compaiono edema (gonfiore) intorno alla lesione e sintomi come la febbre, occorre consultare il medico.
Nei parchi pubblici, per legge, la vegetazione deve essere innocua, sia sotto il profilo del contatto sia dell’ingestione: quindi, niente paura se i bambini hnnoa toccato o assaggiato erba, fiori o fogliame. Nelle aree non controllate, invece, come può essere il giardino condominiale ma anche lo stesso balcone di casa, può capitare d’imbattersi in insospettabili piante velenose, come per esempio il mughetto o l’oleandro.
Nella maggior parte dei casi si va incontro solo a fastidi passeggeri, come lievi irritazioni alla pelle, o disturbi gastrointestinali, ma dipende molto da che cosa il piccolo ha “assagggiato” e in quali quantità. La fascia d’età più a rischio è quella che va tra i 12 e i 24 mesi, quando il bimbo spinto dalla sua innata curiosità esplora il mondo mettendo in bocca tutto ciò su cui mette le manine.
Che cosa fare. Se si ha il sospetto che il bimbo sia venuto in contatto con una pianta velenosa, la prima cosa da fare è lavare la cute con abbondante acqua corrente. Allo stesso modo, in caso di contatto con gli occhi, che vanno sciacquati con acqua fresca. Se, invece, il bambino ha succhiato o ingerito una pianta velenosa, è importante togliere dalla bocca eventuali residui e sciacquarla abbondantemente, quindi chiamare subito il Centro antiveleni () e seguire scrupolosamente le indicazioni fornite. Se, infine, si ritiene necessario andare al Pronto Soccorso, è bene portarsi dietro anche la pianta, perché i medici possano identificarla correttamente e agire di conseguenza.
Tutte le piante che hanno un odore intenso, la linfa lattiginosa o le bacche rosse devono insospettire e vanno tenute lontano dalla portata dei bambini. Ecco un piccolo elenco delle “sorvegliate speciali”.
- Agrifoglio: le bacche e le foglie possono dare nausea, vomito e diarrea.
- Azalea: non il fiore, ma le foglie risultano velenose se ingerite in grandi quantità.
- Ciclamino: la linfa può dare irritazione alla pelle e se ingerita provocare disturbi intestinali.
- Gelsomino e ginestra: sono velenosi in tutte le loro parti.
- Mughetto: fiori, foglie, frutti e bulbi sono tutti velenosi se ingeriti.
- Oleandro: la linfa è irritante per la pelle e gli occhi. Se ingerito, è velenoso.
- Stella di Natale: la linfa irrita la pelle; le foglie e i semi, se ingeriti, sono velenosi.
- Tulipani: solo i bulbi contengono delle tossine.
Tra le insidie dell’estate per i bambini ci sono anche i pollini, piccole particelle rilasciate dalle piante per la loro riproduzione. L’allergia ai pollini è una reazione spropositata del sistema immunitario – presente solo nelle persone predisposte – che, attivando le immunoglobuline di tipo E (denominate IgE), sollecita la produzione di istamina e l’infiammazione delle mucose.
I sintomi più comuni dell’allergia ai pollini sono: congestione nasale, ripetuti starnuti, lacrimazione degli occhi, prurito al naso e alla gola, tosse e, nei casi più severi, asma.
Che cosa fare. Come misura preventiva nei bambini allergici è meglio limitare le attività all’aperto, le passeggiate vicino ai prati appena falciati e l’apertura delle finestre nelle ore centrali della giornata, – tra le 10 e le 18 – quando i pollini sono più attivi. Purtroppo, l’allergia non passa spontaneamente e per trovare la cura è necessario consultare il pediatra che, se lo riterrà opportuno, prescriverà un farmaco antistaminico per contenere la produzione di istamina e quindi i fastidiosi sintomi dell’allergia. Superato il periodo critico oppure dopo avere smesso l’antistaminico da almeno una settimana, è possibile sottoporre il bambino a un prick test (ist), esame specifico per individuare l’allergene cui è sensibile.
Il bagno è il momento più atteso dai bambini, ma può capitare che le meduse, arrivino fino a riva. Il contatto con la medusa è come una bruciatura improvvisa e dolorosa, che lascia arrossamento e vescicole in corrispondenza della strisciata.
Che cosa fare. Il calore neutralizza il veleno facendolo evaporare. Quindi, per limitare i danni è bene applicare subito sulla zona colpita impacchi di acqua calda, con aggiunta di aceto o alcol, per almeno 30 minuti. Se poi nella pelle si individuano dei tentacoli, vanno asportati con un panno caldo o con della sabbia. È bene, però, contattare il pediatra se le lesioni sono molto estese e se compaiono sintomi come dolori addominali e crampi muscolari. Per prevenire il contatto con le meduse, prima del bagno, si può provare a spalmare sulla pelle del piccolo gli specifici repellenti per le meduse a base di estratti di plancton che ne bloccano il meccanismo irritante.
Sulla battigia, in particolare se il fondale è sabbioso, è possibile imbattersi in animali capaci di mimetizzarsi perfettamente anche in acque poco profonde. La tracina, detta anche pesce ragno, e gli scorfani, colpiscono infatti maggiormente i piedi, in quanto per difesa sollevano le spine dorsali dalle quali fuoriesce del veleno. I ricci di mare, invece, se urtati inavvertitamente, possono conficcare gli aculei nella pelle.
I ricci non secernono veleno e il dolore è provocato solo dagli aculei. Mentre per i pesci ragno e gli scorfani, è l’iniezione del veleno a provocare dolore istantaneo, arrossamento e gonfiore che può durare anche parecchie ore.
Che cosa fare. Un buon rimedio da poter utilizzare subito, è mettere il piede nella sabbia calda. Appena possibile, poi, immergere la parte ferita in acqua calda e salata (max 40 °C) poiché l’alta temperatura inattiva le tossine del veleno. Da evitare il ghiaccio o l’acqua fredda che peggiorano lasituazione. Nel caso dei ricci, invece, gli aculei vanno estratti con una pinzetta sterilizzata, disinfettando poi con cura la parte interessata. In tutti i casi, occorre contattare il pediatra se compare la febbre e la zona punta diventa calda e molto arrossata.
Fonti / Bibliografia
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- Borreliosi di Lyme