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La stimolazione di neurotrasmettitori cerebrali che avviene durante un’attività ludica è molto similea quella che si realizza nello svolgimento di azioni fondamentali per la sopravvivenza, come mangiare. Ecco perché giocare è indispensabile per lo sviluppo psicosociale dei più piccoli. Si tratta di un gesto sostenuto da un complesso meccanismo neurobiologico: mentre si gioca, specie se in compagnia, si ha un incremento nella produzione di ossitocina, un ormone che aumenta socialità ed empatia. Giocare, inoltre, ha il vantaggio di distrarre dai propri pensieri.
Un’attività molto complessa
Per giocare è necessario il buon funzionamento di un piccolo gruppo di cellule del cervello, che formano un nucleo chiamato accumbens. In uno studio, pubblicato sulla rivista Neuropsycopharmacology, condotto da ricercatori italiani e olandesi, e realizzato su piccoli ratti, è emerso che quando nel nucleo accumbens sono attivati i recettori della dopamina, sostanza liberata nel cervello in condizioni di piacere, la propensione al gioco tende ad aumentare. L’attività ludica, quindi, secondo gli esperti, entra a far parte delle necessità primordiali elaborate nel nucleo accumbens, come alimentarsi.
Risultati confermati dalla Risonanza magnetica
Se può apparire azzardato il salto dall’osservazione sui ratti a conclusioni sui piccoli esseri umani, gli scienziati assicurano che esistono studi di Risonanza magnetica funzionale che dimostrano come l’attività del nucleo accumbens aumenti quando l’uomo è coinvolto in occupazioni piacevoli, come giocare con i propri coetanei.