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Nicola era il più piccolo di cinque fratelli, tutti molto vivaci e allegri.
Mamma e papà lavoravano parecchio, ma riuscivano a stare anche con i loro piccini e a farli giocare e divertire. Nicola però si sentiva un po’ a disagio e trascurato: era sempre l’ultimo in tutto e, siccome non era grande come i suoi fratelli, alcuni giochi per lui erano troppo difficili. Spesso la sua sorellina lo prendeva in giro: “Ma dai Nicolino, non vedì come si fa a costruire la casetta con il pongo? È facile, la tua più che una casetta sembra una polpetta!” gli diceva Carlotta ridendo. Povero Nicola, ci rimaneva malissimo. Nessuno gli diceva che alla sua età, 3 anni, anche i suoi fratelli non riuscivano a fare tante cose.
Ad aggravare il suo cattivo umore ci fu la notizia che mamma e papà sarebbero partiti per un lungo viaggio di lavoro.
Nicola e i suoi fratelli restarono a casa con una vecchia zia, noiosa e severa. Ogni volta che uno dei bambini rompeva o sporcava inavvertitamente qualcosa, giù scenate e rimproveri dell’altro mondo. Nicola era ancora più goffo perché sentiva gli occhiacci della vecchia zia sempre su di lui. “E indovinate un po’ – bambini – chi era quello che faceva più danni di tutti? Eh già, era proprio lui, Nicolino”.
Quando mamma e papà tornarono, lo trovarono triste e taciturno. Soprattutto la mamma era preoccupata.
Da lì a qualche giorno avrebbe dovuto riprendere a lavorare ancora più di prima. “E i suoi bambini? – direte voi”. I suoi bambini ormai erano grandicelli e tra compiti, corsi e pomeriggi con gli amici non avevano bisogno dei genitori. “Anche Nicolino – chiederete voi?” No, in effetti Nicola era ancora piccolino e aveva bisogno di stare con mamma o papà, non solo con i suoi fratelli. Il problema è che non riusciva a dirlo e col passare del tempo divenne sempre più silenzioso. A un certo punto iniziò a piangere. E nessuno sapeva come farlo smettere.
I suoi genitori, preoccupatissimi, iniziarono a comprargli un sacco di giocattoli.
Niente: Nicola era inconsolabile. Allora provarono con i libri. Nulla. Fu la volta delle caramelle, dei gelati e dei dolcetti. Nicola continuava a piangere. “Piccolo mio – gli disse un giorno la sua mamma disperata – che cosa posso fare per te?”. Nicola non rispondeva, anzi urlava ancora più forte. Così decisero di mandarlo dal dottore, il quale gli prescrisse uno sciroppo di pappa reale. “Il bambino ha bisogno di rafforzarsi – disse – dopo l’inverno è normale; ha bisogno di un ricostituente, vedrete che in questo modo riacquisterà il buon umore”. Macché, Nicolino era ancora più triste di prima. Piangeva, urlava, si dimenava. “Che cosa ti succede – tesoro dolce – gli chiedeva il suo papà ormai sconfortato?”.
Ogni volta però i suoi genitori erano sempre di fretta
, cercavano una soluzione, gliela davano – medicina, giocattolo o caramella che fosse – e scappavano via: a lavorare, a cucinare, a badare agli altri fratelli. E Nicola rimaneva solo nella sua stanza con un grande magone. Fu Gedeone, il bassotto di casa, un cagnolino molto intelligente, a capire qual era il problema. Così andò in cucina, afferrò la mamma per la sottana e la riportò nella stanza di Nicolino. Lui stava leggendo un libro, dove una mamma orso abbracciava forte forte il suo cucciolo e il papà faceva lo stesso scaricandogli addosso una raffica di baci.
Gedeone abbaiò e la mamma di Nicola finalmente capì. “Il mio piccino ha bisogno di coccole!”
. Esatto. Nicola aveva esaurito la sua scorta di baci, carezze e abbracci perché i suoi genitori erano troppo pieni di impegni e sempre di fretta. Aveva paura a dirlo, però, perché temeva che mamma e papà non fossero più capaci di fare le coccole. E invece: che sorpresa per Nicola vedere la sua mamma che lo prendeva in braccio e lo stringeva forte forte senza lasciarlo subito dopo!
Da quel giorno decisero che ci voleva una dose di almeno mezz’ora di coccole;
prima di portarlo all’asilo ci pensava papà, prima di metterlo a nanna la mamma.
Nicola riprese a sorridere e nell’arco di qualche settimana tornò a parlare. Non era mai stato così allegro e chiacchierone. E ogni volta che i suoi fratelli lo prendevano in giro, lui rideva e li abbracciava: “Non ti preoccupare, hai solo bisogno di coccole – diceva loro”. Allora fu tutto una scorpacciata di coccole e Nicola divenne il più bravo di tutti a farle. Quando vedeva mamma e papà preoccupati o triste, li abbracciava stretti stretti e li riempiva di baci e carezze. In un attimo si rasserenavano e Nicola era pieno di gioia.