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C’era una volta un uovo di
… Aspettate bambini, non siate frettolosi… Era di Pasqua, è vero, perché nato in quel periodo, ma siccome la storia è più lunga e complicata di quanto pensiate, facciamo un passo indietro.
Come dicevamo, nacque tutto da un uovo non ancora schiuso ma già molto curioso.
All’interno, infatti, fremeva un cucciolo, una creatura non ancora pronta per venire alla luce, ma già molto, molto vivace. Stava vicino ai suoi fratelli uovo come lui, finché un giorno un colpo di vento lo fece rotolare fuori dal nido. Non si perse d’animo, anzi, invece di tornare da dove era venuto, decise di conoscere il mondo. Voleva sapere prima del tempo che cosa gli aveva riservato il destino, qual era la sua natura.
Mentre l’ovetto rifletteva sul da farsi, sentì che si stava avvicinando qualcuno.
Chiamò da dentro il guscio e disse: “Ehi tu, che stai lì fuori, dammi una mano per favore e spingimi”. Il gatto, che si fermò ad ascoltarlo, rispose: “Dove vuoi andare ovetto?”. “Non so – rispose – non conosco il mondo, ma sono curioso. Che cosa mi consigli?”. “Qui vicino c’è il mare – disse il gatto – un posto bellissimo pieno di acqua e di pesci colorati. Non avere fretta però, aspetta di nascere, avrai tutto il tempo per viaggiare”.
L’uovo era impaziente e preferì farsi spingere fino alla spiaggia.
Lì sentì l’odore di salsedine e lo sciabordio delle onde sulla sabbia. Fu percorso da un brivido di freddo, ma decise di fare uno sforzo e riuscì a tuffarsi nell’acqua. Galleggiò per qualche minuto e poi iniziò ad abissarsi. Fortuna volle che un pesce giallo lo sentisse gridare aiuto. “Tira fuori le pinne – gli urlò il pesciolino – tira fuori le pinne”. “Non posso, non so se sono un pesce, almeno fino ad ora, perché non sono ancora nato”. “Provaci – insistette il pesciolino -”. L’ovetto si concentrò e dopo una fatica immane gli spuntarono due piccole protuberanze simili a delle pinne. Nuotò a fatica, e tutti i pesci che vennero a galla iniziarono a girargli intorno incuriositi da quella strana figura. Da quel giorno l’ovetto fu soprannominato pesce uovo.
Aveva tanti amici ed era contento, ma sentiva che quel posto non era il suo
e che gli mancava terribilmente qualcosa: una notte, allora, decise di prendere l’autobus. L’autobus era un sottomarino che una volta alla settimana passava da quelle parti in fondo al mare. Chi voleva godersi l’ebrezza di stare per un po’ fuori dall’acqua e contemplare il tramonto, lo prendeva alle 18 in punto e in circa mezz’ora emergeva all’aria aperta.
Che spettacolo il cielo tinto di rosso, e quella stellina, luminosissima, sembrava proprio ammiccare all’ovetto. Non resisto – pensò – devo conoscerla e scoprire a chi appartiene quel meraviglioso sorriso – disse tra sé e sé, indicando una sottilissima falce di luna che illuminava d’argento il cielo.
Temerario com’era, l’ovetto saltò dal punto più alto del sottomarino sperando di spiccare il volo.
E invece… precipitò verso il basso, in direzione dell’acqua. Se non fosse stato per un fenicottero che passava di lì, si sarebbe spaccato in mille pezzi. “Tira fuori le ali – disse all’ovetto – tira fuori le ali”. “Non posso – rispose l’ovetto – non sono mica un uccello, o almeno non credo, perché non sono ancora nato”. “Provaci comunque – replicò il fenicottero”. E così, a furia di picchiettare sul guscio, gli spuntarono due piccole e tenere alucce. Dire che sapeva volare è un po’ troppo, diciamo che riusciva a svolazzare, e con l’aiuto del fenicottero arrivò a specchiarsi nello sguardo della stellina e a bearsi del sorriso della luna. Rimase incantato. Eppure, qualcosa lo turbava ancora: aveva nostalgia e non sapeva di che cosa. “È arrivato il tuo momento – gli dissero la luna e la stellina – hai bisogno di nascere, o meglio di rinascere. Sei stato un pesce uovo, un uccello uovo e chissà quante altre cose nelle tue vite precedenti”. Vite precedenti? Si chiese l’ovetto, ma proprio in quel momento, il cielo si illuminò, divenne tutto bianco e il sole spuntò.
Ci fu un attimo in cui il silenzio fu assoluto e sembrò che il cosmo intero fosse sospeso.
Subito dopo si sentì garrire una rondine. Era un verso straziante, di una madre disperata. L’ovetto la riconobbe subito e allora capì chi era e che cos’era quel vuoto che lo struggeva. L’emozione era tale che esplose. Al suo posto c’era un dolcissimo rondinotto. Un po’ confuso e stordito volò zigzagando verso la rondine: “Mamma” disse il cucciolo mentre s’infilava sotto la sua ala. “Amore mio – rispose lei commossa – dove ti eri cacciato? Non sai lo spavento che mi hai fatto prendere”. “Ora starò sempre con te, non preoccuparti”. “Non sempre – gli rispose la mamma – un giorno andrai per la tua strada, e allora sì che sceglierai che cosa vorrai essere e che cosa vorrai fare. Ogni cosa a suo tempo, però, sei ancora troppo piccolo, sei nato appena due minuti fa”. “E se volessi essere un bel germoglio verde o un fiore profumato come quelli dell’albero che ospita il nostro nido?”. “Un giorno – rispose la mamma – potresti diventare anche un germoglio o un fiore. Tutto nasce e rinasce in un ciclo continuo. In un’altra vita forse sei stato un pesce o una stellina come quella che hai conosciuto poco fa”.
In quel momento tornarono al nido tutti i suoi fratelli.
Che gioia conoscerli e abbracciarli! E all’improvviso si sentì il suono delle campane e gli schiamazzi allegri di un gruppo di bambini. Era il giorno di Pasqua ed era iniziata la caccia alle uova, quelle di cioccolato.