Tanti, tanti anni fa, quando ancora esistevano re, principesse e marchesi, un vecchio mugnaio decise che era arrivato il momento di lasciare in eredità ai suoi tre figli tutto quello che possedeva.
Al più grande toccò il mulino, al secondo l’asino, al terzo, che si chiamava Giovannino, solo il gatto. “Mio caro – disse il gatto a Giovannino – ti assicuro che sei stato fortunato ad avermi in sorte. Tu hai sempre dimostrato di volermi bene e io voglio ricambiare il tuo affetto. I tuoi fratelli hanno ricevuto cose che solo in apparenza sembrano più importanti di me. Con un mulino e un asino, infatti, si possono guadagnare parecchi soldi. Ma io sono furbo e so parlare. Vedrai, ho solo bisogno di un paio di stivali e di un cappello con la piuma. Dopodiché lascia fare a me: avrai ricchezza e amore”.
Giovannino fu molto contento delle buone intenzioni del gatto e gli procurò quanto aveva chiesto.
Così agghindato, il gatto con gli stivali si presentò a corte e portò in dono al re due belle pernici dicendo che le mandava il suo padrone, il Marchese di Carabas. Il re non aveva mai sentito parlare di questo Marchese di Carabas e pensò che fosse un signore molto gentile.
Qualche giorno dopo il re uscì in carrozza con la sua unica e bella figlia, la principessa Margottina. Sulla strada incontrarono il gatto con gli stivali che tutto allarmato li fermò: “Il mio padrone è stato derubato da una banda di balordi. Gli hanno portato via tutto: vestiti e gioielli. Ora è mezzo nudo nascosto dietro un cespuglio”. Il re si sentì in obbligo verso il giovane marchese che gli aveva fatto omaggio delle due deliziose pernici. Così fece portare dai suoi servitori abiti degni del suo rango e, finalmente, Giovannino si palesò. Com’era bello ed elegante, sembrava un vero signore! La principessa ne fu molto colpita e Giovannino ricambiò i suoi sguardi, rimanendo incantato da tanta bellezza.
Intanto il gatto con gli stivali non perdeva tempo.
Il suo piano stava andando proprio come lo aveva concepito. Si presentò nel palazzo dell’orco maligno, che aveva poteri magici e passava il suo tempo a tiranneggiare i contadini della zona, pretendendo da loro di essere servito come un re. Chi si ribellava veniva trasformato in un lombrico. Il gatto degli stivali trovò il modo per liberare da questo maleficio gli abitanti del regno e sfruttare la situazione a favore del suo padrone.
Andò dall’orco e lo sfidò: “Tu che sei tanto potente e puoi trasformarti in un gigante, vediamo se riesci a diventare un topolino”. “Ah ah ah” rideva il gigante “per chi mi hai preso? È un gioco da ragazzi per me”. Un battito di mani e l’orco cattivo diventò un topo. Fu un attimo: il gatto con gli stivali fece un balzo e lo divorò in un sol boccone. Improvvisamente l’incantesimo si spezzò e tutti i contadini trasformati in lombrichi tornarono a essere uomini e donne.
Fu gran festa e il gatto con gli stivali andò in giro a raccontare che era stato il suo padrone, il Marchese di Carabas, a salvarli uccidendo l’orco maligno. Tutti iniziarono ad acclamare il Marchese di Carabas, che proprio in quel momento stava passando in carrozza con il re e la principessa. Quando al re raccontarono quali prodigi era stato in grado di compiere, sbarazzandosi del suo peggior nemico, disse: “O Marchese, tu sei stato l’unico in grado di liberarci dall’orco maligno. Finora era imbattibile e nemmeno io ero riuscito a sconfiggerlo. Per ringraziarti voglio darti mia figlia in sposa; mi sembra proprio infatti che ricambi le tue attenzioni”. Giovannino, ovvero il Marchese di Carabas, e la principessa Margottina diventarono tutti rossi. In quel pomeriggio si erano innamorati l’uno dell’altro e non potevano desiderare niente di meglio che vivere per sempre insieme. Si celebrò un magnifico matrimonio e il gatto con gli stivali rideva sotto i baffi pensando a che cosa era riuscito a fare: un segreto che mai a nessuno svelò.