Con schiamazzo assordante, la cicala infastidiva la civetta avvezza a cibarsi nel buio e a dormire di giorno nel cavo d’un tronco. Implorata perché smettesse, acutizzò il suo schiamazzo e, di nuovo, ad un’altra preghiera, s’indispose di più.
La civetta, appena capì che a nulla l’era giovato e che pure le parole erano inutili, fermò la prepotente con questo stratagemma: “I tuoi canti non mi fanno dormire e pare che derivino da un suono di cetra apollinea, per questo, desidero bere con te il nettare che di recente Pallade mi ha donato; vieni se tanto ti sta a cuore, brindiamo!”.
Quella che di sete bruciava, appena capì che la sua voce aveva un valore, cupida volò là; la civetta, lasciato il cavo, inseguì la trepidante e la invitò alla Morte. Così ciò che in vita non concesse, l’accordò da morta.
Morale: Colui che non brilla di gentilezza, per lo più, va incontro alla pena della sua arroganza.