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Non solo devono convivere per tutta la vita con una malattia complicata e impegnativa. I bambini che soffrono di epilessia devono affrontare anche una serie di difficoltà a livello sociale, dettate soprattutto da una cattiva informazione. A dirlo è una ricerca dell’Osservatorio Nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza (Paidòss), presentata in occasione del III Forum Internazionale della Società italiana medici pediatri (Simpe).
“Interrogati” 400 genitori
L’indagine ha coinvolto 400 genitori di bambini con epilessia. Gli autori hanno chiesto loro di rispondere a una serie di domande sull’impatto che la malattia ha sulla vita dei loro figli, in particolare a livello psicologico e sociale. Inoltre, hanno chiesto agli intervistati un parere sulle cure e sulle loro ripercussioni in termini di qualità della vita. Lo scopo era scattare una fotografia aggiornata dei vissuti correlati all’epilessia.
Problemi di integrazione
L’analisi dei risultati ha confermato che l’epilessia comporta conseguenze importanti. Il 53% dei genitori teme che il proprio figlio andrà incontro a una vita di solitudine a causa della malattia. In effetti, il 57% dei bambini non è integrato con i compagni e a scuola subisce una sorta di ghettizzazione. Solo il 12% dei bimbi epilettici ha molti amici. La colpa? In molti casi dei pregiudizi. Attorno all’epilessia, infatti, persistono ancora oggi una serie di falsi miti che complicano la vita di chi ne soffre. Fra l’altro bisogna considerare che la malattia compare in un’età già delicata di per sé.
Un’età difficile
“I dati confermano che in un caso su due la malattia compare fra i 5 e 14 anni, spesso con un episodio di convulsioni motorie improvviso. Si tratta di un’età difficile in cui affrontare una patologia che ancora troppi non conoscono e quindi temono: i pregiudizi sono tanti e i genitori li percepiscono nella vita quotidiana dei propri figli, a scuola e nello sport” ha confermato Giuseppe Mele, presidente di Paidòss. Il risultato è che 9 bimbi su 10 rischiano di avere una vita sociale compromessa a causa della malattia e delle false conoscenze che la circondano.
Può essere curata
Purtroppo non va meglio sul fronte delle terapie. In un caso su tre, infatti, il trattamento intrapreso non risulta pienamente soddisfacente. Il 35% dei piccoli pazienti accusa effetti collaterali fastidiosi e il 25% deve addirittura cambiare cura. In realtà, esistono protocolli terapeutici adeguati ed efficaci, ma per le famiglie non è facile accettare e gestire trattamenti che spesso sono lunghi e che possono avere un impatto sulla vita quotidiana. La soluzione? “Un’alleanza stretta fra famiglia e medico può essere la chiave per superare paure e difficoltà, in una malattia che può essere gestita, soprattutto se riusciremo finalmente a eliminare lo stigma che la contraddistingue” conclude l’esperto.