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Circa un quarto dei bambini non dorme bene, ma per ricostruire un sano equilibrio del ciclo-sonno veglia bisogna intervenire prima di tutto a livello comportamentale. Lo ricorda la Sinpia, la Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza. Esistono diversi protocolli terapeutici mirati a ristabilire l’igiene del sonno e a migliorare i sintomi. L’utilizzo di farmaci dovrebbe essere considerato solo in caso di inefficacia del primo intervento o in presenza di comorbidità (altri disturbi) e, benché non esistano a oggi farmaci approvati per i disturbi del sonno dei bambini, deve essere valutato sulla base del tipo di problema del bimbo.
Problemi per bimbi e genitori
I disturbi del sonno dei bambini interessano circa il 25% dei piccoli sotto i 5 anni di età e circa il 10-12% di quelli oltre i 6 anni. La ridotta quantità e la scarsa qualità del sonno hanno importanti ripercussioni sia sulla qualità di vita dei bambini, sia su quella dei genitori, i quali sono sottoposti a notevole stress e sono a rischio di sviluppare problemi di salute, prima fra tutti la depressione.
Difficoltà di addormentamento e non solo
Nella prima infanzia sono più frequenti le difficoltà di addormentamento, i risvegli frequenti e i comportamenti anomali nel sonno (pavor notturno o risvegli confusionali). In età scolare si riscontrano paura dell’addormentamento e disturbi del movimento. Negli adolescenti, i disturbi del sonno sono spesso conseguenza di stili di vita e abitudini scorrette, in primo luogo l’inversione del ritmo sonno-veglia e l’utilizzo di schermi luminosi in prossimità dell’addormentamento.
Conseguenze sulla memoria
Tra le conseguenze più gravi dei disturbi del sonno dei bambini, troviamo calo del rendimento scolastico, disturbi di apprendimento, ridotta memoria di lavoro, problemi legati alla sonnolenza diurna (disattenzione, traumi accidentali) e obesità; nell’adolescente il disturbo del sonno può portare ad abuso di sostanze.
Tante cause insieme
I disturbi del sonno possono essere primari, solitamente su predisposizione genetica, oppure secondari a una cattiva igiene del sonno o a patologie psichiatriche o organiche. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, coesistono diversi fattori e spesso si associano errati comportamenti di gestione da parte dei genitori (per esempio il “cosleeping”) che favoriscono la cronicizzazione del disturbo.