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Contro il diabete dei bambini potrebbe essere presto disponibile un test in grado di scoprire, attraverso un prelievo di sangue, se c’è il rischio di ammalarsi di diabete di tipo 1, una patologia autoimmune, chiamato proprio il “diabete dei bambini” perché nel 70% dei casi colpisce piccoli in età pediatrica.
Un esame del sangue particolare
Il merito della scoperta si deve a uno studio condotto dai ricercatori italiani dell’Università Campus Bio-Medico di Roma (Ucbm), in collaborazione con la Queen Mary University of London. Il test, che dovrebbe essere semplice ed economico perché avviene tramite un prelievo di sangue, individua un particolare anticorpo in grado di predire l’insorgenza del diabete di tipo 1 nei soggetti sani con diversi anni di anticipo.
Alla ricerca di un “bio-marcatore”
La maggior parte di chi soffre di diabete di tipo 1 presenta anticorpi contro una particolare forma di insulina modificata anche fino a undici anni prima della comparsa della malattia. Lo studio ha certificato che l’efficacia di questo bio-marcatore, chiamato oxPTM-INS-Ab, nell’indicare un futuro caso di diabete è risultata molto alta, identificando la quasi totalità dei casi.
Malattia in crescita
Potrebbe dunque essere la prima spia davvero utile per prevedere il manifestarsi di una malattia che, solo in Italia, colpisce oltre 300 mila persone, con una crescita del 3% annuo nel numero di giovani ai quali viene diagnosticata.
Nuove informazioni sul diabete dei bambini
Rocky Strollo, endocrinologo e ricercatore nonché prima firma del lavoro, ha spiegato che lo studio fornisce nuove informazioni sui meccanismi alla base di questa forma di diabete, perché dimostra che l’autoimmunità del pancreas può essere indotta da modifiche ossidative dell’insulina. E che questo può accadere molti anni prima dell’esordio clinico della patologia.
Utile per chi ha famigliarità
Grazie a questa scoperta si possono aiutare i bambini che hanno fratelli o sorelle malati a capire qual è il loro livello di predisposizione a sviluppare la malattia. Per loro infatti l’incidenza, che nella popolazione generale è del 2-3 per mille, può aumentare fino a 10 volte.