L’enuresi notturna, ossia il problema della pipì a letto nei bambini non più piccolissimi, è in parte una questione di tipo genetico: evidenze scientifiche hanno dimostrato, infatti, che se i genitori ne hanno sofferto, la probabilità che i figli presentino lo stesso problema è superiore al 70 per cento. Tuttavia, le cause dell’enuresi sono molteplici e il ruolo dell’ambiente in cui il bambino vive e altri fattori comportamentali sono altrettanto importanti. Per questo, l’atteggiamento dei genitori e l’accudimento del bambino possono avere un impatto positivo sul disturbo e contribuire decisamente a risolverlo.
L’enuresi notturna è molto diffusa ed è due volte più comune nei maschi rispetto alle femmine. Secondo i dati di una recente indagine condotta dalla Società Italiana di Pediatria su circa 10mila bambini, il disturbo interessa circa il 10-15 per cento dei bambini a 5 anni, a 10 anni si attesta attorno al 5 per cento, per poi ridursi a circa l’1 per cento dopo i 14 anni. Questo significa che in adolescenza avanzata ne soffre un ragazzo su cento: un problema non da poco, tenendo conto che a questa età può capitare di dormire spesso fuori casa, da amici o in vacanza.
Primaria
Si parla di enuresi primaria se non dipende (almeno in apparenza) da ragioni fisiche o psicologiche, se il piccolo è sereno e ha un comportamento normale. È caratterizzata dal fatto che il bimbo non ha mai smesso di bagnare il letto con regolarità fin da quando ha interrotto l’uso del pannolino. Può essere legata a fattori genetici, ormonali, a disturbi del sonno, a un problema vescicale. In genere questi fattori sono collegati tra loro.
Secondaria
Si tratta di enuresi secondaria quando il disturbo si ripresenta dopo almeno sei mesi di continenza, dopo che il bambino ha smesso il pannolino imparando a fare pipì nel vasino o nel wc. Può essere dovuta a cause fisiche, per esempio a un’infezione delle vie urinarie, oppure a un disagio psicologico, come la nascita del fratellino oppure un periodo difficile all’asilo. Il fenomeno della pipì a letto può essere accompagnato da aggressività, crisi di pianto, nervosismo.
L’incontinenza urinaria in età superiore a 5 anni non va ma sottovalutata, sia quando compare dopo che il piccolo ha acquisito controllo della vescica, sia quando in realtà il bambino non si è mai disabituato al pannolino. I 5 anni sono l’età entro cui si acquisisce normalmente il controllo sull’esigenza di fare la pipì. Prima di questa età, invece, può ancora capitare che, di tanto in tanto, il bambino sia soggetto a qualche perdita urinaria. Questo fatto non deve allarmare i genitori, ma è bene iniziare a prestare più attenzione.
Il bimbo può essere aiutato con alcuni accorgimenti. Occorre una adeguata igiene dei genitali, per evitare fenomeni di irritazione locale, che possono aumentare lo stimolo a urinare. È utile ridurre l’assunzione dei liquidi nelle ore serali per evitare che la vescica si riempia eccessivamente. Questo non significa bere poco: è essenziale assumere regolarmente liquidi nel resto della giornata. Se un bimbo soffre di stipsi, correggere questo problema può aiutare anche a risolvere l’incontinenza urinaria: è bene proporgli più frutta e ortaggi, cereali integrali e legumi.
Secondo gli esperti, si tratta di enuresi notturna vera e propria quando la pipì a letto si presenta più di due volte alla settimana, per almeno tre mesi consecutivi, in bambini di età superiore a 5 anni. In questo caso è sempre opportuno parlare con il pediatra, a maggior ragione in presenza di altri segnali di malessere fisico o psicologico. Con la visita e la valutazione della storia medica e personale del bambino si può capire se ci sono disturbi sottostanti, come per esempio una cistite (infezione delle vie urinarie): in questo caso, un’adeguata cura permette di risolvere anche il problema della pipì a letto, oltre che il bruciore e il dolore della minzione.
Se invece non si riscontrano cause fisiche, vanno escluse quelle psicologiche. Un lutto in famiglia, la nascita di un fratellino, la separazione dei genitori, un momento impegnativo a scuola possono indurre nel bambino un disagio che lui manifesta anche con una regressione, compresa l’incontinenza notturna. In questo caso può essere utile un supporto psicologico o un periodo di psicoterapia, che coinvolga anche i famigliari.
In alcuni casi e a giudizio del medico vanno eseguiti anche degli esami. Può essere sufficiente eseguire un esame chimico-fisico delle urine. Se, invece, sono presenti anche altri disturbi, è opportuno effettuare accertamenti come l’ecografia dei reni e della vescica.
Il ruolo degli ormoni
L’incontinenza può, in alcuni casi, essere causata dall’alterazione della funzionalità dell’ormone antidiuretico, che ha il compito di dimezzare la produzione delle urine durante la notte. I reni, infatti, sono sempre attivi, anche di notte, per filtrare il sangue, ma nelle ore notturne si attiva l’ormone antidiuretico, che riduce la quantità di urina prodotta. Nelle persone con enuresi notturna anche durante la notte viene prodotta un’eccessiva quantità di urina, che il bimbo non riesce a trattenere. Solo nei casi più seri e comunque mai prima dei 5 anni, dietro prescrizione del medico, si può assumere la desmopressina, un farmaco che aiuta a regolare la produzione dell’ormone.
Non sempre i genitori affrontano nel modo corretto l’enuresi notturna dei propri figli: soprattutto quando il disturbo è primario, ossia non si individua una causa scatenante, la frustrazione talvolta prevale e i genitori si lasciano andare a comportamenti punitivi spesso controproducenti.
Dai dati della Società italiana di pediatria emerge che i bambini con enuresi notturna possono subire forme di punizioni da parte dei genitori: spesso vengono sgridati, lasciati a dormire nel letto bagnato, svegliati nel cuore della notte per fare la pipì. In qualche caso vengono addirittura adottate misure disciplinari. Tutto sbagliato! Al contrario, è fondamentale non punire il bambino ma comprenderlo e sostenerlo, spiegandogli di non scoraggiarsi e di stare tranquillo perché il suo problema è risolvibile. Occorre inoltre correggere le abitudini alimentari specialmente la sera: evitare le bevande ad alto contenuto di zuccheri o effervescenti e in generale ridurre l’assunzione di liquidi (compreso il latte) qualche ora prima di andare a dormire. La sera vanno preferiti cibi poco salati, per esempio frutta e verdura, evitando formaggi e cibi stagionati che aumentano la sete e quindi inducono a bere molto prima di coricarsi.
1. Instaurare un sereno clima di dialogo con il proprio figlio, condividendo anche la propria eventuale esperienza se da piccoli si era soggetti allo stesso problema.
2. Rassicurare il bambino circa la risoluzione del problema.
3. Non rimproverarlo, colpevolizzarlo, punirlo o deriderlo, soprattutto in presenza di parenti e amici.
4. Prestare attenzione alle sue richieste più o meno esplicite di aiuto: tornare a bagnare il letto può essere un modo di comunicare un disagio.
5. Non vietare al bambino di dormire fuori casa, anzi incoraggiarlo, aiutandolo a ripetere le regole che segue a casa per non bagnare il letto e munirlo di un paio di mutandine in più.
6. Affrontare il problema senza perdere la calma, insieme al bambino, in modo che partecipi attivamente alla cura.
7. Coinvolgerlo nella pulizia quando bagna il letto, allo scopo di responsabilizzarlo.
8. Non rimettergli il pannolino per evitare il rischio che bagni il letto.
9. Garantire la quantità e la qualità del sonno, senza sollecitare il bambino a svegliarsi per andare in bagno.
10. Seguire i consigli comportamentali forniti dal proprio pediatra.
Fonti / Bibliografia
- Pipì a letto (Enuresi notturna) - Ospedale Pediatrico Bambino GesùÈ un disturbo diffuso, spesso sottovalutato dalla famiglia, che coinvolge circa il 5-10% dei bambini di 7 anni e per loro diventa fonte di ansia