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L’acqua rappresenta un elemento profondamente connesso all’esperienza della vita intrauterina: nel corso del suo soggiorno nel pancione il feto è immerso nell’amnios, un liquido incolore simile al siero e composto per lo più da acqua, a una temperatura di circa 37,5° C (più o meno come quella di un bagno caldo-tiepido), in cui può galleggiare liberamente. Quello liquido, quindi, è l’ambiente naturale del neonato, come testimoniano la totale confidenza e il cosiddetto “istinto natatorio” evidenziati dai bambini che già nei primissimi mesi di vita vengono immersi in una piscina. È proprio per questa ragione che un numero crescente di donne da diversi anni a questa parte decide di affrontare il parto in acqua. Eppure dopo qualche mese di vita molti bambini hanno paura dell’acqua.
Dopo la nascita scatta l’avversione
Infatti, la confidenza con l’acqua tipica dei neonati in molti casi si riduce dopo qualche mese per essere sostituita da una certa avversione, se non addirittura da una e vera propria paura nei confronti dell’ambiente liquido. Molti bambini hanno paura dell’acqua sia per una questione di personalità sia per gli stimoli ricevuti dall’ambiente circostante.
Questione di personalità
Sin dai primi mesi di vita i bambini evidenziano atteggiamenti diversi legati alla loro indole, che si esprime soprattutto nel modo di entrare in relazione con il mondo esterno: più precisamente l’istinto esplorativo, sempre presente in questa fase, può manifestarsi più chiaramente in un bambino piuttosto che in un altro anche in ragione della sua natura.
Colpa anche di mamma e papà
Queste diverse predisposizioni istintive sono, del resto, molto condizionate dall’ambiente entro il quale i bambini crescono e, soprattutto, dall’atteggiamento di mamma e papà. Se un genitore manifesta paura nei confronti dell’acqua ed esprime tensione quando il figlio entra in contatto con essa, anche solo per il bagnetto, temendo che sia pericolosa, troppo fredda, inquinata, ciò favorisce la comparsa nel piccolo di un atteggiamento pauroso e sospettoso o comunque stimola un’insicurezza magari già presente e legata al suo carattere.
Lezioni di acquaticità
Tra gli esperti e gli operatori dell’infanzia, da diverso tempo ormai, si è accentuata la consapevolezza che un buon rapporto con l’acqua costituisca un elemento importante nello sviluppo psicomotorio infantile. Il crescente successo delle lezioni di nuoto e “acquaticità” dedicati ai più piccoli ne è una dimostrazione: questi corsi in pratica intendono prevenire il graduale distacco che così spesso si evidenzia con la crescita nei confronti di quello che, invece, è un ambiente naturale per il neonato.
Alcuni consigli
Oltre a queste lezioni di “acquaticità”, ogni volta in cui il bambino entra in contatto con l’acqua, in particolare durante le vacanze al mare, se manifesta resistenza o paura nei confronti dell’acqua è fondamentale: non forzarlo a fare il bagno; rispettare i suoi tempi e semmai rimandare l’entrata in acqua; quando si decide a entrare in mare, stargli vicino e immergersi assieme a lui lentamente, tenendolo in braccio e parlandogli con calma e dolcezza; mantenere un atteggiamento sereno e rilassato evitando di manifestare nervosismo e impazienza.