La preoccupazione che il proprio bambino non mangi a sufficienza appartiene a tutte la mamme, soprattutto nei primi anni di vita, quando è frequente che il piccolo attraversi delle fasi di inappetenza. Prima di preoccuparsi è bene capire quali possono essere le ragioni di questo comportamento, la durata dell’inappetenza e le immediate conseguenze osservabili sulla condizione fisica ed emotiva del bambino. Ecco perchè e cosa fare quando i bambini non voglio più mangiare.
Il rifiuto del cibo è una condizione frequente nei bambini, che accompagna momenti di transizione psicofisica e che solo in alcuni casi è sintomo di un reale disagio o di una vera e propria patologia.
- Cause fisiche. Nella maggior parte dei casi l’inappetenza rappresenta la fisiologica espressione di un cambiamento che riguarda direttamente il bambino e al quale il piccolo può inizialmente faticare ad abituarsi (per esempio il passaggio dall’allattamento alla pappa durante lo svezzamento o lo spuntare dei primi dentini). Anche l’aumento delle temperature nella stagione estiva può influire sull’alimentazione del bambino, che può mostrare minore appetito e meno attrazione verso il cibo (soprattutto se le pietanza gli vengono proposte calde).
- Cause psicologiche. Anche trasformazioni dell’ambiente e del contesto familiare in cui il bambino vive possono influenzare le dinamiche legate alla pappa. I piccoli sono molto ricettivi nei confronti di ciò che accade attorno a loro (come un trasloco, l’arrivo di un fratellino/sorellina, il ritorno al lavoro della mamma, un lutto familiare, eventuali momenti di tensione tra i genitori) e manifestano questa loro sensibilità anche attraverso l’alimentazione, che si trasforma anche in uno strumento per sfidare i genitori o attirare su di sé la loro attenzione.
- Cause patologiche. In altri casi respingere il cibo è un modo per il bambino di segnalare un disagio o un malessere fisico. Fortunatamente nella maggior parte dei casi si tratta di affezioni minori: dal semplice raffreddamento all’aftosi del cavo orale, dai banali disturbi gastrointestinali che affliggono tutti i bambini alla blanda intolleranza verso alcuni alimenti. Solo raramente l’inappetenza è il primo campanello d’allarme di vere e proprie malattie (infezioni, cardiopatie, disturbi endocrini, allergie).
Dal momento che rifiutare il cibo è un comportamento che accomuna molti bambini, ed essendo così vasto il panorama delle possibili cause, prima di preoccuparsi è meglio valutare le condizioni generali del piccolo:
in quali occasioni succede
Innanzitutto occorre considerare la durata e l’intensità dell’inappetenza. Se il bambino manifesta repulsione solo verso certi tipi di alimenti, la sua inappetenza potrebbe in realtà esprimere il disagio legato a sapori o consistenze che non gradisce. Se invece il rifiuto del cibo si manifesta solo in determinate situazioni, il piccolo potrebbe essere infastidito o “distratto” da ciò che lo circonda e che trasforma l’atto del mangiare in qualcosa di collaterale e secondario rispetto al gioco, ai cartoni animati in tv, ai discorsi dei grandi.
cresce poco o perde peso
Ancora più importante è verificare se al rifiuto del cibo disturbo si associ un arresto della crescita o una diminuzione del peso del bambino. Solo in questo caso il disturbo può considerarsi preoccupante, perché tali sintomi possono preludere a un’anoressia persistente che potrebbe provocare sul lungo periodo conseguenze anche gravi come disidratazione, acidosi, carenze nutrizionali e compromissione dello sviluppo fisico e cognitivo.
strategie salva-appetito
Spesso basta poco per invogliare il bambino a mangiare e aiutarlo a superare una fase di inappetenza.
- Meglio non forzare il piccolo a mangiare ma offrirgli dei cibi leggeri e digeribili (non necessariamente dieta in bianco) se il rifiuto della solita pappa è legato a eventi fisiologici (dentizione, malattie ricorrenti, infezioni respiratorie, intestinali o urinarie, sintomi post-vaccinazione).
- Assecondare i suoi gusti, senza viziarlo ma semplicemente sostituendo un alimento con un equivalente, se l’avversione del bambino si manifesta solo verso alcune pietanze. Per rendere più appetibile un cibo può essere sufficiente migliorarne la presentazione, per esempio giocando con le forme e i colori presenti nei piatti.
- Valorizzare il momento-pappa (per esempio attraverso la regolarità e il rispetto degli orari e dei luoghi in cui si mangia) quando il problema dipende dal “contesto” : far sì che il pasto rappresenti una situazione piacevole e tranquilla, in cui il piccolo avverta l’affetto e l’attenzione che i genitori gli rivolgono, può indurlo a mangiare più volentieri. Se il bambino è più grandicello coinvolgerlo maggiormente nella preparazione dei pasti, portandolo a fare la spesa e spiegandogli da dove viene il cibo, facendosi aiutare in cucina e stimolandolo a mangiare da solo appena riesce a tenere in mano le posate.
Non va dimenticato che i bambini apprendono e tendono a replicare le abitudini degli adulti che li circondano, e ciò vale anche per l’alimentazione. Se i genitori mostrano di rifiutare determinati cibi, difficilmente riusciranno a farli mangiare ai loro figli (almeno finché sono piccoli). Dare l’esempio di una buona “cultura alimentare” e insegnare ad apprezzare il cibo collegandolo a momenti piacevoli e situazioni conviviali è più produttivo che utilizzare ricatti e costrizioni o prospettare premi e punizioni.