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Otto genitori su dieci permettono ai propri figli sotto gli 11 anni di utilizzare tablet e smartphone in autonomia, e a oltre la metà di loro capita di lasciarli soli davanti allo schermo, non preoccupandosi dei contenuti nei quali possono – anche casualmente – incappare. Il dato emerge da un sondaggio condotto dal Centro medico Santagostino su 184 genitori di bambini tra gli 0 e gli 11 anni. Ma i bimbi troppo digitali possono andare incontro a tante conseguente.
Tablet = baby-sitter
Dalle risposte al questionario è emerso che oltre l’80% dei genitori consente l’uso di smartphone e tablet ai propri figli (il 40,8% “spesso”, il 40,2% “qualche volta”), oltre il 40% li lascia soli davanti allo schermo (al 35% capita “qualche volta”, all’8% “spesso), e oltre la metà li usa come “intrattenimento” per farli stare buoni. Solo il 13% non li usa “quasi mai”, mentre a farne completamente a meno è solo il 5%. La maggioranza, tuttavia, ne fa un uso piuttosto moderato: il 46% dei genitori lascia che i bambini utilizzino questo tipo di svago meno di mezz’ora al giorno, il 37% al massimo un’ora al giorno e solo il 17% supera l’ora al giorno. Mediamente, sono tanti i bimbi troppo digitali.
Solitudine e passività
Come spiega Daniela Callegari, pediatra, il primo rischio cui i bambini vanno incontro a causa dell’utilizzo di questi dispositivi è la solitudine. Seguita da atteggiamenti passivi e tendenti all’isolamento: “L’uso di tablet e smartphone richiede un atteggiamento passivo o stereotipato (per esempio nei giochi), fortemente riduttivo rispetto ai bisogni e alle risorse del bambino che, per uno sviluppo armonioso del carattere e del cervello, hanno bisogni di coinvolgere tutti i sensi. Questo vale, in particolare, nei primi tre anni di vita, quando si creano le fondamenta della personalità, lo sviluppo delle competenze del cervello attraverso le esperienze sensoriali (vista, udito, tatto, olfatto, motricità), l’attivazione del linguaggio, e si costituiscono le relazioni affettive e gli schemi cognitivi (di curiosità, di capacità di attenzione ed apprendimento) con cui ci si dovrà confrontare per tutta la vita”.