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L’autismo è una malattia di cui si parla sempre più spesso, ma che ancora oggi, per molti versi, rimane avvolta nel mistero. Infatti, non sono ancora chiare le cause, sebbene i ricercatori siano convinti che alla base ci sia una predisposizione genetica. Ora, un nuovo studio condotto da un gruppo di studiosi italiani, del Dulbecco Telethon Institute (Dti) e dell’Ospedale San Raffaele di Milano, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Communications, potrebbe aiutare a fare luce sull’origine di questo disturbo.
Di che cosa si tratta
L’autismo è una sindrome comportamentale dovuta a un disordine dello sviluppo. Causa una compromissione delle capacità comunicative e di interazione sociale e comportamenti, attività e interessi ripetitivi e stereotipati. La disabilità intellettiva, invece, è una malattia che riguarda dal 2 al 3% dei bambini. È caratterizzata da una limitazione nelle funzioni cognitive, sociali e comunicative. Alla base c’è una mancata comunicazione delle sinapsi, cioè i contatti tra una cellula nervosa e l’altra.
Colpa dell’alterazione di un gene
I ricercatori italiani hanno cercato di capire quali meccanismi scattino nelle persone con autismo. Hanno così scoperto che in molti casi potrebbe essere presente una variazione genetica. Più precisamente, sembra che il gene coinvolto nello sviluppo del disturbo sia quello che produce la proteina RAB39B. Ebbene, se il gene è difettoso e la proteina mancante, potrebbe subentrare un’alterazione nella comunicazione fra le cellule nervose. Proprio questa “difficoltà comunicativa” porterebbe alla nascita del difetto cognitivo riscontrato nelle persone con autismo e disabilità intellettive.
Una questione di comunicazione
Sembra, infatti, che la proteina RAB39B sia in grado di “spostare” i recettori delle cellule nervose verso i punti in cui esse entrano in contatto, favorendo la comunicazione del sistema nervoso. Nelle persone con autismo e disabilità intellettiva questa proteina sarebbe assente e, dunque, la comunicazione sarebbe ostacolata.
Un passo verso una cura?
Si tratta di una scoperta molto importante, che potrebbe anche aprire la strada a possibili cure. “L’individuazione di questo meccanismo è fondamentale per capire dove e come agire per ripristinare il corretto funzionamento della trasmissione dell’impulso tra due neuroni. Il passo successivo sarà creare un modello di malattia e testare delle molecole in grado di ristabilire la connessione neuronale” ha spiegato Patrizia D’Adamo, leader del team di ricercatori che hanno effettuato lo studio.