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In Italia per garantire alle persone con autismo equità di accesso ai servizi sanitari la strada da percorrere è ancora lunga. A sostenerlo è lo psichiatra Marco Bertelli, segretario scientifico della Fondazione Italiana Autismo e presidente della Società italiana per i disturbi del neurosviluppo.
Servizi territoriali in difficoltà
Lo psichiatra spiega che nel nostro Paese l’autismo colpisce circa un bambino su 77, mentre in età adulta il numero di soggetti interessati da questa patologia sembra ridursi, passando a 1 su 100: poiché questo disturbo del neurosviluppo è una condizione che caratterizza la persona per tutta la vita, la differenza tra i due dati – altrimenti inspiegabile – sarebbe causata proprio dalla difficoltà che i servizi psichiatrici territoriali incontrano nel prendersi cura dei pazienti una volta che questi, compiuto il diciottesimo anno di età, non possono più essere seguiti dai servizi di neuropsichiatria infantile.
Il ricorso al privato
Precisa Francesco Cro, psichiatra del Dipartimento di salute mentale di Viterbo, il problema “vale soprattutto per i pazienti con difficoltà nell’ambito della comunicazione, dell’apprendimento e dell’adattamento, definiti ‘a basso funzionamento’: sia i servizi pubblici ambulatoriali sia quelli ospedalieri sembrano non rispondere adeguatamente alla loro domanda di salute, costringendo spesso le famiglie a ricorrere a specialisti privati, con aggravio economico non indifferente”.
Migliorare la formazione
Bertelli conclude che bisogna ripartire dalla formazione per superare le attuali carenze dei professionisti della salute mentale. La maggior parte degli specialisti e dei medici di medicina generale, infatti, attualmente non sembra essere in possesso delle competenze necessarie per riconoscere le specifiche manifestazioni psicopatologiche di questi pazienti: tanto per fare un esempio – spiega lo – la depressione nelle persone con autismo si presenta con perdita dell’appetito e comportamenti autolesionistici, piuttosto che con la “classica” tristezza.