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Un dato preoccupante: il 77% dei bimbi italiani assume latte vaccino prima dei 12 mesi
I risultati di una ricerca condotta su un campione europeo di bambini al di sotto dei 12 mesi di vita testimoniano che il latte di mucca e derivati è assunto dal 39% dei bambini allattati al seno (la percentuale italiana raggiunge addirittura il 77%) e dal 44% dei bimbi allattati con formula (in Italia si arriva all’87%). Gli esperti mettono in guardia le mamme che compiono questo errore e ci spiegano perché il latte vaccino non vada introdotto prima dell’anno di vita del bambino.
I pediatri concordano: mai prima dell’anno di età
Occorre far chiarezza su quando sia opportuno introdurre nell’alimentazione del bambino il latte vaccino. Tirando le somme su quanto è stato detto in occasione del recente VI congresso nazionale della Federazione italiana medici pediatri (Fimp) emerge un pensiero scientifico condiviso: no al latte vaccino prima dell’anno di età. “Un bimbo ha bisogno di un apporto di proteine, vitamina D, ferro e sodio – ha spiegato la dottoressa Adima Lamborghini, pediatra e responsabile del settore sviluppo e ricerca della Fimp – diverso rispetto a quella di un adulto. Il latte vaccino, per esempio, ha più proteine e sodio, mentre ha uno scarso apporto di ferro e vitamina D”.
L’introduzione precoce altererebbe la crescita creando i presupposti per sovrappeso e obesità
Se introdotto precocemente nella dieta del piccolo il latte vaccino va a modificare il normale andamento della crescita creando dei pesanti squilibri nutrizionali. Occorre, infatti, sottolineare che il latte vaccino contiene un eccesso di proteine (circa il triplo di quelle contenute nel latte materno) che possono contribuire allo sviluppo di sovrappeso e obesità oltre a essere responsabile di una carenza di ferro all’origine di uno sviluppo psicofisico non ottimale.
In più, il latte vaccino ha un contenuto di lattosio e vitamine (tra cui la D) molto inferiore al latte materno e, contemporaneamente, presenta un eccesso di minerali (soprattutto il sodio) che può causare un sovraccarico renale.
L’elemento fondante per una corretta nutrizione e crescita del bambino è, infatti, quello di bilanciare i nutrienti scegliendo quelli più adatti per la sua età. La comunità pediatrica è dunque concorde nel ritardare l’introduzione del latte vaccino a dopo il compimento dell’anno di età.
allattamento al seno fino ai 6 mesi e poi latte di proseguimento
Il consiglio è, per le mamme in grado di allattare al seno, di proseguirlo almeno fino ai 6 mesi del piccolo per passare poi ai cosiddetti “latti di proseguimento”. “È bene ricordare che l’unico alimento ideale per il lattante è il latte materno. Nessun altro tipo di latte può essergli paragonato per diversi motivi – ha affermato Giuseppe Mele, presidente Fimp -. È perfettamente bilanciato dal punto di vista nutrizionale, ha proprietà immunologiche, è sicuro dal punto di vista microbiologico ed è igienico”.
Insomma, un bambino che mangia bene oggi sarà un adulto sano domani. Se, per tutta una serie di motivi, il piccolo non può essere allattato al seno, la comunità scientifica concorda nell’indicare come sostituto il latte formulato, aspettando sempre il compimento dell’anno prima di proporre il latte vaccino. “In questo contesto, e in mancanza di latte materno, il ricorso ai latti di crescita formulati, opportunamente concordato con il proprio pediatra di riferimento, rappresenta un’alternativa possibile per prevenire eventuali errori nutrizionali sia in termini di eccessi sia in termini di carenze”.
Va benissimo dopo i 6 mesi, sostiene il professor Mele, introdurre i “latti di proseguimento” che sono appositamente studiati per rappresentare una buona alternativa al latte materno in quanto formulati sulle caratteristiche nutrizionali e bilanciate del latte materno.