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Negli ultimi mesi si parla tanto di portare il pranzo a scuola da casa, per svariati motivi, non ultimi economici o legati all’insoddisfazione dei genitori nei confronti della mensa scolastica. Secondo l’endocrinologa e diabetologa Serena Missori può essere anche una sana abitudine, ma è importante che questo pasto sia ben bilanciato e adeguatamente ricco di nutrienti. Ecco le raccomandazioni per i genitori.
I consigli dell’esperta
Un buon pranzo è tale se:
- è facile da digerire;
- non è ingombrante;
- consente di mangiare in modo rilassato con i compagni di classe;
- non contiene alimenti deperibili come salse e maionese;
- non prevede cibi confezionati ricchi di sale e glutammato che potrebbe indurre nervosismo e mal di testa con un calo di attenzione dopo il pasto;
- è pratico: prevede piatti unici sistemati in un unico contenitore.
Attenzione al contenitore
Proprio in riferimento all’ultimo punto è importante, sottolinea la dottoressa Missori, evitare per il pranzo a scuola contenitori che chiudono male, difficili da gestire, e che non garantiscono una conservazione corretta del cibo. Sono ideali i contenitori di plastica privi di Bpa (bisfenolo A, che è un disturbatore endocrino) e in vetro infrangibile che è senza Bpa e ftalati (dannosi per il corpo), posate di legno o d’acciaio.
Quando la mensa è meglio
Nella scelta del pasto da portare a scuola, tuttavia, bisogna sempre tenere presenta che i nostri bambini sono ad alto rischio obesità. Tra un panino portato da casa con un salume e la zuppa di legumi servita alla mensa scolastica è sicuramente meglio prediligere la seconda, anche se molti bambini mangiano più volentieri pane e salame!
Attenzione agli snack
Andrebbero comunque sempre evitati:
- gli snack ricchi di zuccheri e grassi saturi che determinano sbalzi glicemici e insulinemici con ripetuti cali dell’attenzione;
- patatine fritte ricche di acrilammide, sostanza cancerogena;
- salatini e succhi di frutta. I succhi di frutta, anche se riportano in etichetta la dicitura senza zucchero aggiunto, sono ricchi di fruttosio, zucchero della frutta che viene metabolizzato solo dal fegato, affaticandolo e contribuendo all’instaurarsi dell’insulino-resistenza che favorisce l’obesità.