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L’ obesità infantile è un fenomeno in crescita: secondo uno studio dell’economista Wencke Gwodzd della Copenhagen Business School esisterebbe un forte legame tra questo problema e l’aumento dell’occupazione femminile, individuato come fattore cruciale che influenza la vita familiare.
Brutte abitudini che “pesano”
La ricerca ha preso in considerazione figli con entrambi i genitori che lavorano, evidenziando come questi bambini corrono un rischio maggiore di andare incontro a problemi di obesità infantile a causa dell’instaurarsi di pessime abitudini, quali un maggior consumo di pasti fuori casa e un minor controllo su calorie e orari. Il rischio più alto, in particolare, sarebbe per i bambini di 5-10 anni. I pasti fuori casa, infatti, sono spesso ad alto contenuto di grassi, zuccheri e sale. Wencke Gwozdz ritiene che per ridurre quella che definisce “l’epidemia dell’obesità infantile” è necessario responsabilizzare i genitori.
Vita sedentaria e mancanza di sonno
Se le mamme sono al lavoro, inoltre, i figli tendono a condurre una vita più sedentaria e a dormire meno rispetto ai coetanei con madri casalinghe. I bambini, le cui mamme per esempio hanno pesanti turni lavorativi, arrivano a dormire fino a un’ora e mezzo in meno in una settimana rispetto i bambini le cui madri sono casalinghe. Una ricerca dell’Ohio State University di Columbus sul rapporto tra obesità infantile e ore di sonno, ha evidenziato quanto sia importante per i genitori fare in modo che i figli vadano a dormire presto: addormentarsi alle 8 di sera, infatti, fa calare del 50% il rischio di obesità infantile. Secondo un altro studio finlandese, inoltre, anche solo 10 minuti di attività fisica ad alta intensità ogni giorno possono portare a una riduzione della quantità di tessuto adiposo (un 26-30 per cento di grasso corporeo in meno rispetto ai bambini che non fanno alcun esercizio fisico) e a un miglioramento del fitness cardiorespiratorio.