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Sapevamo già che il cibo dei fast food non è il più salutare; adesso un recente studio americano, condotto su circa 9.000 persone, ha rivelato anche la presenza di ftalati nei contenitori di plastica utilizzati in questo tipo di locali. Lo studio, realizzato dalla George Washington University, ha dimostrato anche che, in coloro che hanno consumato cibo dai fast food, i livelli di ftalati si sono rivelati più elevati del 40%. I risultati sono stati ottenuti mediante un questionario sul consumo di cibo nelle 24 ore precedenti al prelievo di un campione di urina da testare.
Sostanze pericolose
Gli ftalati sono usati nell’industria delle materie plastiche come agenti plastificanti per migliorarne la flessibilità e modellabilità e possono entrare in contatto con l’organismo di chiunque mangi o beva alimenti contenuti in contenitori di plastica.
Studiati da anni
La larga diffusione nell’uso degli ftalati, avvenuta negli ultimi 40 anni, ha portato a studiare in modo approfondito gli effetti sulla salute. Diversi studi scientifici suggeriscono che possono influire negativamente. Uno studio dello scorso anno ha collegato l’uso di agenti chimici di questo tipo nei cosmetici a un innalzamento della pressione sanguigna negli adolescenti. Sperimentazioni sugli animali da laboratorio hanno mostrato che i tipici effetti critici riguardano la tossicità epatica, testicolare e riproduttiva. Alcune fonti di esposizione possono essere rintracciate nei processi di lavorazione della carne e nell’imballaggio delle diverse fasi di produzione.
I limiti europei e italiani
In Italia l’utilizzo degli ftalati non è consentito in dosi superiori allo 0,1% né nei giocattoli, né nei prodotti destinati all’infanzia, per timore che i bambini possano ingerirli. Una direttiva della Commissione europea (30 marzo 2007), relativa ai materiali e agli oggetti di materia plastica destinati a diventare confezioni alimentari, ha stabilito i limiti in cui alcuni ftalati possono essere utilizzati.