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I disordini alimentari sono sempre più oggetto di attenzione da parte della ricerca scientifica e clinica. Riguardano circa 3 milioni di italiani dei quali 2,3 milioni sono adolescenti. Per il 95% si tratta di donne, ma il fenomeno è in crescita anche tra gli uomini. Secondo l’Istat, la fascia d’età più colpita è quella tra i 18 e i 24 anni, che vede il 2% delle donne soffrire di anoressia, il 4% di bulimia e il 6,2% di altri disturbi alimentari, come il binge eating (le “abbuffate”). I dati fanno riferimento esclusivamente al numero di persone che accedono ai servizi di cura e, quindi, nascondono una diffusione assai maggiore del fenomeno.
Sempre più giovani
Un dato veramente preoccupante riguarda l’età della comparsa dei disturbi, con un aumento degli esordi precoci in età infantile, anche a 9-10 anni, e in pre-adolescenza. Non esistono indicatori biologici, ma vi sono dei segnali cui prestare attenzione, come ha spiegato Gianluigi Mansi responsabile della divisione di psichiatria degli Istituti Clinici Zucchi di Monza e del Servizio per Disturbi Alimentari dell’IRCCS Medea di Bosisio Parini. Tra questi compaiono scarsa autostima, isolamento sociale, perfezionismo e terrore di ingrassare, ma anche stranezze alimentari, come selettività al cibo o la tendenza a nasconderlo o sminuzzarlo, un’eccessiva attenzione al peso, alle calorie e tendenza a cucinare per gli altri.
I fattori di rischio
Tra i fattori di rischio che possono favorire la comparsa questi disturbi vi è il sovrappeso infantile, che espone allo scherno dei compagni e alle critiche in famiglia. Controllare il peso, l’alimentazione, il rendimento scolastico e i pasti dei parenti: l’idea del controllo è fondamentale per chi soffre di disturbi alimentari. Chi soffre di anoressia si guarda continuamente allo specchio con spietatezza. Anche per questo, se da una parte si vede grasso, anche quando è ormai molto magro, tuttavia ha una percezione del proprio corpo dettagliata e precisa.
Guarire è possibile
Guarire si può. I modelli di trattamento integrato prevedono l’intervento del nutrizionista, la psicoterapia individuale e quella di gruppo per i famigliari, i gruppi di mutuo aiuto. La strategia è cercare la complicità del paziente negoziando di volta in volta gli obiettivi (“devi nutrirti bene per affrontare l’esame di maturità”), senza focalizzarsi sul peso. Per la guarigione sono fondamentali due fattori: la precocità dell’intervento, nei primi 3 anni si ottengono risultati molto positive, e la continuità delle cure anche in seguito alla fase più acuta del disagio.