È comunemente conosciuto come acetone, ma in termini scientifici sarebbe più corretto parlare di “chetonemia”, ossia dell’aumento dei corpi chetonici nel sangue del bambino.
In pratica, quello che succede quando si manifesta il tipico alito di “mela marcia”, è dovuto a un aumento di sostanze derivanti dalla degradazione degli acidi grassi introdotti attraverso l’alimentazione. Di solito, queste sostanze entrano in un percorso di trasformazione chimica dell’organismo che le porta a essere smaltite. Quando però i consumi metabolici risultano particolarmente squilibrati nei confronti dei grassi, tali sostanze si accumulano all’interno dell’organismo e si evidenziano innanzitutto, prima della comparsa del vomito, attraverso uno sgradevole odore, che rappresenta dunque la prima spia dell’acetone e merita particolare attenzione.
L’acetone è un problema di solito caratteristico dei bambini fino agli otto-dieci anni di età, mentre in seguito, con la crescita, diventa sempre più raro. L’accumulo di corpi chetonici all’interno dell’organismo può determinarsi per varie situazioni, ciascuna delle quali merita una considerazione a se stante. Occorre premettere tuttavia che esiste una predisposizione individuale verso la chetonemia: non tutti i bambini, insomma, sono destinati ad andare incontro nella loro infanzia alle crisi di acetone. In alcuni casi anche delle situazioni emotive particolarmente impegnative per il bambino possono interferire (per esempio, un’interrogazione importante a scuola) e portare all’aumento di queste sostanze nel sangue. In ogni caso, si tratta di una situazione che può verificarsi, di norma, in tre situazioni:
- anzitutto, nel caso di un regime alimentare scorretto, in cui il bambino tenda ad assumere un eccesso di grassi rispetto agli zuccheri (per esempio, durante le feste);
- in secondo luogo, in una situazione che impegni il metabolismo energetico, come la febbre o un sovraffaticamento (per esempio dopo una gara sportiva o nel corso di un’infezione respiratoria o gastrointestinale);
- infine, anche se si tratta di una situazione più rara, in quanto patologica, ossia di malattia: in presenza di diabete. Il problema si presenta perché il bambino diabetico, a seguito della carenza di insulina (un ormone), non è in grado di utilizzare il glucosio, il principale zucchero, la cui concentrazione nel sangue (glicemia) tende perciò a salire. Malgrado tale aumento, però, si instaura paradossalmente una situazione simile a quella del digiuno: l’organismo, non potendo sfruttare il glucosio, intacca le riserve di grassi producendo corpi chetonici e dà origine all’acetone.
La presenza di acetone si riconosce il più delle volte proprio dall’alito sgradevole: come accennato, si tratta di un odore simile a quello di frutta molto matura o addirittura marcia. L’odore viene facilmente percepito dall’adulto perché queste sostanze (i corpi chetonici prodotti dalla degradazione dei grassi) sono volatili e dagli alveoli polmonari, dove si concentrano, finiscono nell’aria espirata dal bambino, conferendole il tipico alito inconfondibile.
Non sempre, tuttavia, è l’alito la prima spia del problema. Esistono, infatti, anche situazioni più subdole, ossia meno evidenti, in cui il bambino ha la febbre e comincia a vomitare. Sono proprio i corpi chetonici, una volta raggiunto il picco nel sangue, a stimolare le crisi di vomito.
Non è rara nemmeno la presenza di dolori addominali, per cui capita che il bambino venga portato in Pronto soccorso nel timore che il forte mal di pancia che egli lamenta sia scambiato per appendicite: è sufficiente però effettuare un semplice e veloce stick delle urine per rilevare la presenza di un aumento dei corpi chetonici e comprendere così l’origine del problema.
Molte volte si innesca nell’organismo un circolo vizioso, per cui il bambino ha mal di gola e febbre, perde liquidi attraverso il sudore indotto dall’alta temperatura corporea, quindi si disidrata, intaccando le riserve di grassi. Ciò fa sì che si accumulino i corpi chetonici nel sangue, scatenando il vomito. Di conseguenza, il bambino tende a bere meno o a non bere affatto per cui aumenta ulteriormente la temperatura corporea, il bimbo si disidrata ancora di più e tutto si automantiene in un circolo vizioso da cui è possibile uscire solamente introducendo zuccheri e ripristinando una corretta idratazione.
La chetonemia in realtà è un problema facile da risolvere, proprio perché si riconosce facilmente e sono sufficienti piccoli accorgimenti per farlo scomparire. Anzi, se si segue un’alimentazione corretta ed equilibrata, si può anche evitarne la comparsa. Il segreto è molto semplice: il problema si può prevenire, infatti, con accorgimenti dietetici. Occorre agire sull’alimentazione del bambino, offrendogli una giusta quantità di zuccheri (che devono rappresentare circa il 60-65 per cento di tutte le calorie introdotte nella giornata) e limitando l’apporto di grassi nelle situazioni in cui si pensa che il bambino possa andare verso il problema. Per esempio, se è andato a una festa di compleanno, in occasione della quale ha abbondato nel consumo di grassi (salame, cioccolato, patatine, ecc.) sarà opportuno prevedere qualche pasto più leggero in apporto di grassi e fargli introdurre carboidrati (zuccheri complessi), come pasta, riso, pane.
Fonti / Bibliografia
- Acetone - Ospedale Pediatrico Bambino GesùÈ uno dei disturbi più frequenti in età pediatrica. Come riconoscerlo e tenerlo sotto controllo