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Con il termine aborto spontaneo o aborto naturale si intende l’interruzione di una gravidanza per ragioni naturali, con perdita dell’embrione/feto. È un evento che, secondo gli esperti, riguarda il 20-30% delle gravidanze e che rappresenta un evento doloroso, che può avere come conseguenza stress e depressione. Vediamo perché si può verificare un aborto spontaneo e quali sono i segnali ai quali prestare attenzione.
Aborto spontaneo: sintomi
L’aborto spontaneo si verifica solitamente nel primo trimestre di gravidanza, entro 90 giorni circa dal concepimento. Può verificarsi anche nel secondo trimestre, ma solitamente durante questo periodo il rischio di incorrere in un episodio di questo tipo diminuisce. È quindi importante prestare attenzione a eventuali sintomi che possono segnalare un aborto spontaneo. Questi solitamente sono:
- perdite di sangue di colore variabile, dal rosato al rosso intenso (soprattutto entro la 13a settimana di gravidanza)
- perdite di liquido e tessuti dalla vagina
- crampi dolorosi al basso ventre
- mal di schiena in zona lombare
- scomparsa dei segnali tipici dei primi mesi di gravidanza, per esempio la nausea.
Non sempre però compaiono disturbi che possono segnalare l’interruzione spontanea della gravidanza. A volte, è solo la visita ginecologica con esecuzione di ecografia a segnalare che l’embrione non è più vitale. Al contrario, la presenza di perdite di sangue potrebbe essere legata ad altre cause e quindi non ci si deve subito preoccupare, ma rivolgersi al ginecologo per un controllo.
Quali possono essere le cause di un aborto spontaneo
L’aborto spontaneo può essere dovuto a una o più cause, che concorrono a far sì che la gravidanza si interrompa. Almeno il 50% degli aborti spontanei sono dovuti ad anomalie cromosomiche o a malattie genetiche che rendono impossibile lo sviluppo dell’embrione. Le cause di aborto spontaneo possono però essere anche altre, meno frequenti, ma da tenere comunque in considerazione.
Anomalie cromosomiche
“Le anomalie possono riguardare sia il numero sia le caratteristiche dei cromosomi stessi, portando a malattie e ad alterazioni incompatibili con la vita” chiarisce la professoressa Rossella Nappi, ordinaria di Clinica Ostetrica e Ginecologica dell’Università di Pavia – IRCCS Policlinico San Matteo. “Inoltre, sono più frequenti con l’aumentare dell’età materna”.
Disordini autoimmuni
In alcuni casi si verificano episodi di autoimmunità, ossia una abnorme reazione dei meccanismi di difesa naturale, che producono anticorpi diretti contro strutture dell’organismo stesso del quale fanno parte. Possono quindi aggredire anche l’embrione.
Squilibri ormonali
A volte si verifica una scarsa produzione di progesterone, l’ormone della gravidanza che favorisce l’attecchimento e la crescita dell’embrione. Se il progesterone è poco, aumenta il rischio che l’embrione non riesca a svilupparsi.
Alterazioni del sangue
Se la donna è soggetta ad alterazioni di fibrina e fibrinogeno (sostanze che regolano la coagulazione del sangue) può avere un sangue con una tendenza maggiore a coagularsi. Questo favorisce la formazione di trombi a livello della placenta, con la conseguenza che il feto non riesce a ricevere ossigeno e nutrimento a sufficienza per sopravvivere e svilupparsi.
Malattie croniche
Disturbi della tiroide non controllati, ipertensione arteriosa, diabete non adeguatamente trattato possono comportare una serie di alterazioni a livello metabolico, che interferiscono con il corretto sviluppo del feto.
Malattie infettive
Alcune infezioni come la toxoplasmosi, oppure virus, per esempio quello della rosolia, in gravidanza sono pericolose perché possono raggiungere il feto superando la barriera della placenta. Possono causare danni al feto e provocarne la morte. Ecco perché è importante evitare le infezioni con accorgimenti di tipo igienico e prevenire le malattie infettive con i vaccini specifici.
Anomalie dell’utero
Disturbi o malformazioni dell’utero possono interferire con lo sviluppo del feto. Per esempio, possono causare un aborto spontaneo i fibromi uterini, masse di tessuto fibro-muscolare che crescono all’interno dell’utero e che possono ostacolare l’accrescimento del feto. Un’anomalia congenita frequente è inoltre l’utero “setto”, così chiamato perché l’utero si presenta diviso in due parti da una barriera verticale di tessuto. Questa particolare configurazione anatomica impedisce l’accrescimento del feto. Andrebbe diagnosticata prima della gravidanza e risolta con un intervento chirurgico.
Incontinenza del collo dell’utero
In alcuni casi il collo dell’utero ha un problema di “beanza”, ossia è incontinente, con tendenza ad appiattirsi e a dilatarsi prima del tempo, sotto il peso dell’utero in accrescimento. La donna corre il rischio di un aborto spontaneo non appena il feto raggiunge un certo peso. Per evitare questa eventualità, si può ricorrere al cerchiaggio, ossia all’applicazione di un supporto in materiale anallergico, che costituisce una sorta di sostegno per il collo dell’utero stesso.
Aborto spontaneo: come capirlo e cosa fare
Non sempre è possibile che una donna si renda conto di un aborto spontaneo, perché i sintomi non sono sempre presenti. Spesso questa evenienza viene scoperta per caso, nel corso di una visita ginecologica, quando il medico si accorge che il feto non è più vitale soprattutto grazie all’ecografia. Questo esame permette di valutare alcuni parametri, tra i quali in particolare l’assenza di battito cardiaco del feto stesso. “Un altro esame che può essere prescritto per la diagnosi di aborto spontaneo è la determinazione quantitativa della subunità beta di gonadotropina corionica umana (beta-hCG), che si riduce o non aumenta a sufficienza nel sangue materno, quando il feto non è più vitale” aggiunge la ginecologa. Una volta avuta la certezza dell’avvenuto aborto, il ginecologo può decidere se attendere l’espulsione spontanea dall’utero, eventualmente attraverso la somministrazione di farmaci che provocano contrazioni uterine.
Quando è necessario il raschiamento?
Non sempre l’utero riesce a espellere spontaneamente o con l’aiuto di farmaci il prodotto del concepimento. A volte nell’utero restano frammenti di placenta, che vanno asportati con un raschiamento. Si tratta di un intervento doloroso, che va quindi effettuato in anestesia totale oppure peridurale, rendendo insensibile la zona del corpo dal bacino in giù. Si somministrano anche alcuni farmaci che rendono i tessuti uterini più morbidi e quindi favoriscono la dilatazione della cervice uterina. Dopo l’intervento possono verificarsi perdite di sangue e dolori al basso ventre, simili a normali disturbi mestruali. Il raschiamento non compromette in alcun modo la possibilità di restare nuovamente incinta.
Il video del ginecologo Augusto Enrico Semprini sull’aborto spontaneo
Aborto spontaneo: perché succede? Il ginecologo Augusto Enrico Semprini ci spiega i motivi e come affrontarlo dal punto di vista medico.
Foto di Saranya7 per pixabay.com