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È considerata una malattia esclusivamente da adulti. In realtà, il fegato grasso o steatosi epatica può comparire anche in età infantile. Secondo le stime, in Italia riguarda il 15% dei ragazzini. Fra i bambini in sovrappeso, però, la percentuale sale fino all’80%. Ma l’obesità non è l’unica responsabile. Anche la genetica gioca un ruolo importante. La conferma arriva da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori italiani, dell’ospedale Bambin Gesù di Roma, pubblicato sulla rivista americana Genes & Nutrition.
È un accumulo di grassi
Per steatosi epatica s’intende un processo di accumulo di trigliceridi (tipo di grassi presenti nel sangue) nelle cellule del fegato. Normalmente il grasso rappresenta meno del 5% del peso di quest’organo. Quando supera tale percentuale (e può arrivare fino al 30%) subentra la malattia.
Studio su 200 ragazzini
La ricerca ha coinvolto 200 ragazzini di età compresa fra i 10 e i 13 anni, affetti da fegato grasso. Tutti sono stati seguiti per sei mesi, nel corso dei quali sono stati sottoposti a varie indagini e valutazioni. Lo scopo era fare chiarezza sulle cause all’origine della malattia.
Conta la predisposizione genetica
Dall’analisi dei risultati è emerso il 30% dei piccoli pazienti aveva una forma leggera di steatosi, il 44% una forma media e il 26% una forma grave. Gli studiosi hanno scoperto che fra i vari fattori considerati – demografici, antropometrici, genetici e comportamentali – ad avere il maggior peso nella comparsa della malattia è stata la predisposizione genetica. In particolare, si è visto che il 60% dei ragazzini presentava una mutazione del gene PNPLA3.
No alle bevande zuccherate
Fra tutti i bambini con mutazione del gene PNPLA3, ad avere una forma più seria di fegato grasso erano quelli consumavano molte bevande gassate e si muovevano poco. “Alla luce di queste evidenze sarebbe opportuno monitorare la popolazione pediatrica in sovrappeso e obesa al fine di identificare i piccoli che possiedono la mutazione oggetto dello studio. In questo modo sarà possibile aumentare il livello di attività fisica ed evitare il consumo di bevande zuccherate, di modo da tenere sotto controllo l’impatto che la mutazione ha sull’evoluzione della steatosi epatica” ha spiegato Valerio Nobili, coordinatore dello studio.