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I genitori spesso si sentono impotenti di fronte a episodi di bullismo subìti dai figli, ma ci sono alcune misure che si possono mettere in atto. Ne abbiamo parlato con la psicologa psicoterapeuta analista junghiana Giulia Vistalli, esperta in tecniche di rilassamento e di relazione mamma e bambino.
Come riconoscere i campanelli d’allarme?
Il bullismo consiste in una serie di comportamenti sistematici che mirano alla prevaricazione fisica o verbale. Azioni aggressive intenzionali in un gruppo di pari, ripetute nel tempo e che spesso non si limitano a botte o insulti, ma tendono a isolare la vittima dal gruppo. Soprattutto a scuola si tratta di un fenomeno complesso, che non è sempre facile da individuare e bloccare: insegnanti e genitori dovrebbero quindi vigilare e fare attenzione ai campanelli d’allarme come un improvviso rifiuto di andare a scuola o in altri luoghi specifici, un calo del rendimento scolastico, avere spesso lividi oppure libri o quaderni strappati o rovinati.
“Partiamo da una definizione – spiega la psicologa Giulia Vistalli – il bullismo sono tutti gli atteggiamenti e i comportamenti spesso ripetuti nel tempo da parte di un soggetto nei confronti di un altro soggetto che può essere identificato come vittima. Spesso l’ambiente è quello scolastico: i dati ci dicono che il fenomeno è maggiormente presente tra gli 11 e i 17 anni, anche se non bisogna trascurare la fascia della scuola primaria”.
Spesso per genitori e insegnanti – e talvolta per le stesse vittime – non è facile tracciare un confine tra una lite tra ragazzi, semplici prese in giro e bullismo vero e proprio, che rischia di minare la serenità di chi lo subisce e di causare problemi anche sul lungo periodo, come ad esempio disturbi depressivi o da stress post traumatico, ansia e bassa autostima.
“Bisogna considerare che in caso di bullismo può esserci un danno fisico – spiega infatti la psicologa – ma quello che ha un maggiore impatto nel lungo corso è il danno psicofisico. Il fatto che questi episodi si verifichino spesso nell’ambiente scolastico fa sì che debbano mantenere l’occhio vigile soprattutto gli insegnanti, quindi notare le dinamiche che vanno ad instaurarsi nei momenti liberi, specie negli intervalli e nelle pause pranzo, dove i bambini e i ragazzi possono interagire in maniera più spontanea”.
I genitori, dal canto loro, possono interpretare alcuni segnali, come ad esempio:
- un calo improvviso e ingiustificato del rendimento scolastico
- il rifiuto di tornare a scuola
- disturbi psicosomatici
- desiderio di isolarsi
- maggiore irritabilità
- mal di testa o di stomaco ricorrenti
- sbalzi d’umore
- crisi di ansia o panico
- sonno discontinuo o brutti sogni
- isolamento da compagni di classe
- lividi, ferite, tagli
- vestiti stracciati
- oggetti personali rovinati
“È quindi importante fare attenzione a eventuali atteggiamenti delle vittime – prosegue la dottoressa Vistalli – come il ritiro in se stessi, i disturbi psicosomatici, le assenze da scuola, particolari rifiuti nell’andare in alcuni luoghi o ad incontrare determinati compagni: bisogna partire da lì”.
Come intervenire?
Se un genitore ha il sentore che il figlio o la figlia siano vittime di bullismo, la prima cosa da fare è parlarne insieme, facendo capire al bambino o al ragazzo che può fidarsi e raccontare liberamente quello che è successo. Chi subisce atti di bullismo, infatti, se ne può vergognare oppure temere ulteriori ritorsioni da parte dei bulli.
Una volta avuto un quadro più chiaro della situazione, si può sostenere e aiutare il bambino a recuperare fiducia in se stesso, ma al tempo stesso è importante coinvolgere la scuola, confrontandosi con gli insegnanti che a partire da quel momento potranno porre una maggiore attenzione alle dinamiche tra i ragazzi e proporre percorsi mirati di mediazione all’interno della classe. Quello che bisognerebbe evitare, invece, è affrontare i genitori dei bulli in maniera aggressiva: questo non farà altro che esacerbare il conflitto.
“Si può intervenire attraverso il dialogo – afferma la psicologa Giulia Vistalli – dando la possibilità di capire quello che sta avvenendo per poi prendere delle misure che possono essere degli interventi psicologici, delle punizioni, dei richiami anche ai genitori, mettendo in campo delle modalità per trovare delle alternative comportamentali e psicologiche e capire quali sono le difficoltà, le frustrazioni che portano i ragazzi a esprimere la rabbia in questo modo. Bisogna infatti considerare che spesso nei bulli stessi c’è una dinamica che li porta a esprimere fisicamente e comportamentalmente frustrazioni, rabbia e tristezza, per cui anche fare degli interventi proprio sulla fragilità dei bulli è importante”.
Come difendersi dai bulli? Consigli pratici
Ci sono poi alcuni consigli pratici che chi è vittima di bullismo potrebbe attuare per difendersi dai bulli e fare in modo che perdano interesse nel provocare la vittima:
- non farsi vedere arrabbiati o feriti: un atteggiamento calmo e imperturbabile probabilmente non darà soddisfazione al bullo, che presto smetterà di infastidire con comportamenti prepotenti;
- fare gruppo e cercare di non stare da solo, soprattutto nei momento più “a rischio” come l’intervallo o il tragitto scuola-casa;
- riferire questi episodi ai genitori e agli insegnanti.
In copertina foto di Mikhail Nilov da Pexels