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Quali sono i segnali della disprassia? Eccone alcuni tra quelli che maggiormente possono attirare l’attenzione dei genitori e degli educatori: il bambino è impacciato, goffo, tende a cadere e a sbattere frequentemente e ha difficoltà a rimanere fermo e seduto a lungo. Non riesce a scendere e a salire le scale in modo fluido e non riesce ad andare in bicicletta, spesso neanche con l’aiuto delle rotelle. Quando era più piccolo non riusciva ad andare sul triciclo e all’asilo non mostrava piacere nel disegnare e nel colorare. Sono alcuni dei segnali da non sottovalutare perché potrebbero indicare la presenza di disprassia, un disturbo ancora poco conosciuto che si manifesta con la difficoltà a coordinare i movimenti in sequenza.
La disprassia colpisce sei bambini su cento
Questa condizione interessa circa 6 bambini su 100, soprattutto maschi, ma poiché è poco conosciuta è molto probabilmente sotto diagnosticata. Viene individuata perlopiù nei primi anni di vita, anche se non mancano casi in cui viene rilevata durante l’adolescenza e nell’età adulta. Nei bambini con disprassia le prestazioni che riguardano attività di coordinazione motoria risultano al di sotto del livello che generalmente ci si attende rispetto all’età e allo sviluppo intellettivo.
Un sintomo della disprassia è la lentezza nel compiere azioni
Il termine “disprassia” deriva dal greco (dis-praxia) e indica la difficoltà nella capacità di dar vita a movimenti intenzionali coordinati in serie e deputati a un preciso scopo, che implica la capacità di tenere insieme più funzioni e più variabili in contemporanea. I bambini con disprassia appaiono meno sciolti e più lenti nel compiere azioni perché hanno bisogno di maggior tempo per programmare l’intera sequenza di movimenti da eseguire e perché incontrano difficoltà nel mettere in successione gli schemi di movimento necessari per compiere una determinata azione.
La disprassia non è un deficit di muscoli
È una delle credenze che più frequentemente gli specialisti che trattano questo disturbo si trovano a dover smentire: sebbene nei bambini con disprassia possa essere presente scarso tono muscolare (condizione nota come ‘ipotonia’), questo non preclude la forza e non rappresenta la causa del disturbo, ma un sintomo su cui attualmente si sta indagando.
La prematurità è tra i fattori di rischio della disprassia
Le cause all’origine della disprassia non sono ancora note. Sempre di più si sta indagando sul ruolo che può ricoprire la genetica. Noti sono, invece, alcuni fattori che possono favorire l’insorgenza di questo disturbo, come la sofferenza durante il parto o in fase prenatale. A rischio sono poi i neonati prematuri, soprattutto quelli a basso peso, e i cosiddetti “postmaturi”, ovvero i bimbi nati dopo la 41a– 42a settimana.
La disprassia si manifesta in tanti modi
La disprassia che riguarda la capacità di coordinazione “grosso-motoria” è probabilmente la forma più facilmente individuabile: il bambino ha difficoltà nell’equilibrio, nel correre, nel saltare, nell’eseguire i movimenti con scioltezza, nell’organizzarsi in un preciso percorso e quando ci prova risulta goffo e impreciso.
Esiste poi la disprassia degli arti superiori: riguarda la motricità fine ed è caratterizzata dalla difficoltà del bambino nell’espletare i movimenti tipici delle attività di vita quotidiana come vestirsi, spogliarsi, abbottonarsi, allacciarsi le scarpe, mettere in ordine lo zaino, usare strumenti di vario tipo come posate o forbici.
La disprassia può riguardare, però, anche l’apparato oculare: si parla in questo caso di disprassia oculomotoria, in cui i movimenti dello sguardo sono disorganizzati e caotici e l’inseguimento visivo è a scatti e discontinuo. Questa condizione può essere all’origine di casi di dislessia (difficoltà nella lettura) perché il bambino mentre legge salta parole o intere righe.
C’è poi la disprassia del disegno e della scrittura, che investe la coordinazione occhio-mano e riguarda in particolare i movimenti delle mani e delle dita (area grafo-motoria): il bambino sin dalla scuola dell’infanzia si rifiuta di disegnare, non riesce a impugnare correttamene la matita o la penna e in seguito, nella scrittura, il tratto è disomogeneo e non fluido, con molte interruzioni, non c’è controllo della pressione sul foglio (tratti molto marcati alternati ad altri troppo leggeri) oltre a difficoltà nei collegamenti, soprattutto nella scrittura in corsivo. Questo tipo di disprassia può essere all’origine di casi di disgrafia (difficoltà nella scrittura).
Infine, c’è la disprassia verbale, sempre più frequentemente diagnosticata nei bambini, che riguarda l’assenza o la seria difficoltà nella produzione verbale dovuta a deficit della funzionalità degli organi dell’apparato fonatorio, ma che può anche implicare difficoltà nella capacità di pianificazione e di utilizzazione delle regole del linguaggio.
Fondamentale fare la diagnosi precoce della disprassia
Riconoscere i sintomi di questo disturbo è fondamentale per effettuare una diagnosi corretta e intervenire con un percorso terapeutico mirato che insegni al bambino con disprassia come convivere con questa condizione che, pur non risolvendosi mai completamente, con i dovuti accorgimenti e strategie personalizzate consente di vivere una vita normale. Tramite corrette stimolazioni e input adeguati è possibile infatti migliorare le capacità di esecuzione di atti intenzionali. E, considerata l’enorme plasticità cerebrale nei primi anni di vita, tanto più precoci sono la diagnosi e l’intervento, tanto più il bambino disprassico ha la possibilità di recuperare, nello sviluppo, diverse competenze.
Il legame tra disprassia e i disturbi dell’apprendimento
La disprassia può essere all’origine di diversi casi di dislessia, discalculia e disgrafia, ovvero i disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa) che indicano rispettivamente difficoltà di lettura, di calcolo e di scrittura. Sebbene i Dsa su base disprassica siano ancora poco diagnosticati, è sempre più frequente individuare bambini con deficit di lettura e di scrittura dovuti a difficoltà di organizzazione dei movimenti degli occhi e di mani e dita, oltre a difficoltà nel mantenere a lungo l’attenzione. Anche la discalculia può avere base disprassica: i problemi che il bambino con disprassia incontra nel programmare e nel compiere movimenti intenzionali e coordinati in serie al raggiungimento di uno scopo possono determinare difficoltà nel mettere i numeri in colonna, nell’effettuare calcoli matematici e nel risolvere problemi.
I campanelli d’allarme della disprassia
Alcuni segnali possono essere predittivi di questo disturbo e dunque – sebbene non debbano, soprattutto se presi singolarmente, generare allarme – non vanno sottovalutati.
- Nei neonati e nei bambini piccoli non vanno trascurate le difficoltà di suzione al seno e di alimentazione, oltre che l’eccessiva sensibilità ai rumori, al tatto e alle luci intense (che potrebbero indicare un deficit della neurosensorialità). Quanto all’acquisizione della capacità di movimento, può verificarsi un ritardo nelle tappe dello sviluppo motorio che si possono manifestare nell’assenza di gattonamento e nel fatto che il bimbo inizia a camminare tardi (dopo i 15 mesi).
- Da più grandicelli i bambini con disprassia possono avere difficoltà a salire e a scendere le scale, oltre che nell’uso del triciclo e della bicicletta (che risulta difficoltoso anche con le rotelle) e spesso risultano goffi e impacciati, con tendenza a sbattere contro gli ostacoli e a cadere frequentemente.
- Durante la scuola dell’infanzia il bambino disprassico può rifiutarsi di disegnare e di scrivere. I deficit di coordinazione motoria sono strettamente correlati alla difficoltà di attenzione sostenuta, di pianificazione e di autoregolazione: i bambini con disprassia spesso hanno difficoltà a stare fermi o seduti a lungo, tendono a distrarsi facilmente e non riescono e a mantenere l’attenzione. Nell’ottica di individuare precocemente una eventuale disprassia non vanno sottostimati eventuali ritardi nel linguaggio né, tantomeno, l’assenza di produzione verbale.
Quali problemi emotivi e di comportamento può dare la disprassia
È importante prestare attenzione all’aspetto emotivo dei bambini disprassici. Poiché spesso i primi sintomi vengono sottovalutati, la presa in carico dei piccoli pazienti avviene in ritardo e di conseguenza in questi bimbi spesso alle difficoltà tipiche della disprassia si sommano problematiche emotive (come ansia e mancanza di autostima) e di comportamento (quali irruenza e agitazione) dovute alla frustrazione data dalla consapevolezza di non riuscire a fare come vorrebbero e/o di non essere all’altezza dei propri compagni. Questioni che non vanno sottovalutate, ma che anzi devono essere affrontate, se necessario, con l’aiuto di un supporto psicologico che possa essere di sostegno sia al bambino disprassico sia ai suoi genitori.
Come si cura la disprassia
Il percorso terapeutico deve essere specifico per la tipologia di disprassia che interessa il bambino. Per giungere alla diagnosi può essere d’aiuto per i genitori rivolgersi a un neuropsichiatra infantile, che saprà consigliare rispetto all’iter da seguire. La valutazione delle abilità motorie e prassiche (che sono proprio le capacità di compiere correttamente gesti coordinati e diretti a un determinato fine) viene effettuata da terapisti della neuro-psicomotricità dell’età evolutiva (Tnpee), mentre nel caso di disturbi relativi alla sfera del linguaggio e della produzione verbale sono i logopedisti che intervengono in ambito terapeutico e che possono guidare le famiglie.
Fonti / Bibliografia
- Dislessia: cos'è, sintomi e come riconoscerlaLettura lenta e scorretta, difficoltà nel ricordare l'alfabeto e la differenza tra parole e suoni: ecco alcuni dei segnali della dislessia. Scopri di più!