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Tra le cause di dislessia è stata individuata una particolare mutazione genetica, quella relativa al gene DCDC2. A sostenerlo è uno studio italiano, condotto dall’Istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche (In-Cnr) e dall’Università di Pisa, in collaborazione con l’Università’ Vita-Salute San Raffaele di Milano e con l’Ircss Medea.
Un marcatore genetico per la dislessia
I dati emersi da questo studio, pubblicato sul The Journal of Neuroscience, vanno a evidenziare l’importanza dell’individuazione di un marcatore genetico fisiologico per alcune forme di dislessia. Infatti, finora, la dislessia è sempre stata diagnosticata soltanto al manifestarsi dei suoi primi sintomi, per esempio un ritardo nell’apprendimento e nell’espressione linguistica. Cercarne una causa (e trovarla) nel DNA permette di poter intervenire più precocemente e più efficacemente.
Il gene sotto accusa
Il marcatore genetico in questione si riferisce, quindi, a un particolare tipo di gene, chiamato DCDC2. Era già noto agli studiosi che il 20% delle evidenze dislessiche fosse correlato a un’alterazione di questo gene ma non era ancora chiaro come ciò si manifestasse. Ora, grazie a questa ricerca, si è scoperto che questo tipo di alterazione si collega a un difetto della vista, ovvero alcuni stimoli e movimenti visivi non sono percepiti, proprio quegli stimoli più evidenti per chi non è affetto da dislessia. Tutto ciò permette di introdurre il tema dei biomarker anche in merito a questo tipo di disturbo, sempre più diffuso ma diagnosticato per ora soltanto in età scolare e non senza difficoltà per quanto riguarda la certezza della diagnosi.