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Rifiuta i piatti che non conosce
A tre anni è giusto che l’alimentazione si differenzi sempre di più, per comprendere tutti i nutrienti e far sperimentare al bambino sapori nuovi, come l’amaro delle verdure, l’acido degli agrumi. In questa fase, però, è bene proporre i cibi nuovi con una certa attenzione, per non creare nel bambino spiacevoli sorprese: un piccolo che abbia bevuto una volta un succo di arancia troppo acido oppure che abbia assaggiato un piatto di spinaci insipidi e incolori, sarà portato a pensare che tutte le novità sono qualcosa di poco piacevole. E tenderà a rifiutarle, rifugiandosi nella sicurezza delle pietanze già note, che lo mettono al sicuro da “brutte sorprese”. In questo modo, però, il bimbo si nega il piacere di assaporare anche cibi molto piacevoli. Il sistema migliore per convincerlo è allora quello di far comparire regolarmente gli alimenti nuovi in tavola senza offrirli: a poco a poco, vincerà la diffidenza iniziale e chiederà di assaggiarli, anche se solo in minime dosi. L’importante, naturalmente, è che quei piatti siano apprezzati e consumati anche dal resto della famiglia.
Continua a fare domande
“Perché i maschietti fanno la pipì in piedi?, “Ma tu hai il pisello, me lo fai vedere?”, “ Perché ci sono i maschi e le femmine?”, perché, perché, perché….A quest’età i bambini cominciano a porre un sacco di domande al punto che, spesso, quando gli si legge loro una favola non si riesce a proseguire nel racconto, travolti dalla serie incalzante delle loro domande. In particolare, intorno ai tre anni il bimbo inizia ad avere curiosità e a porre domande che riguardano fondamentalmente le differenze tra i sessi e il meccanismo della nascita dei bambini, perché stanno affrontando la cosiddetta fase edipica. Certo, la loro curiosità non si ferma qui e tutte le nuove scoperte sono accompagnate da una sfilza infinita di “perché”.
Consigli pratici
- Soddisfare tutte le domande del bambino, senza rimandare le spiegazioni, anche perché lo si lascerebbe insoddisfatto.
- Evitare di banalizzare quello il bambino dice, né interromperlo o ridere delle sue domande e tanto meno fingere di non averle sentite.
- Dare risposte brevi, non troppo scientifiche ma soprattutto veritiere, che non vadano oltre la domanda posta dal bimbo.
Non vuole andare a scuola
È ormai arrivata l’ora di andare alla scuola materna, ma il piccolo sembra non volerne proprio sapere: scoppia a piangere ogni mattina, parla nel sonno oppure torna a bagnare il letto. Le lacrime sono del tutto normali e giustificate: per molti bambini, soprattutto se non sono andati all’asilo nido (ma in realtà il cambiamento lo avvertono anche questi ultimi), l’entrata alla scuola materna rappresenta una sorta di debutto in società, il primo reale momento di distacco da una dimensione familiare (e dalla mamma, che è stata il loro riferimento principale fino a quel momento) per entrare in una comunitaria, regolata da una serie di regole e norme definite. Qui ogni bambino non è più l’unico centro dell’attenzione, come, invece, può capitare in famiglia. Tutti i bimbi vivono, anche se in forma e intensità diverse, la cosiddetta “crisi da distacco”, che andrà comunque risolvendosi con il passare del tempo. Ogni bambino ha i suoi tempi: c’è chi già al terzo-quarto giorno si è già adattato ai nuovi ritmi e comincia a sentirsi a proprio agio alla scuola materna e chi, invece, ha bisogno di più tempo. Non c’è da preoccuparsi se il bimbo continua a piangere quando lo si lascia a scuola, l’importante è assicurarsi dalle maestre che il piccolo torni presto sereno e disponibile al gioco e non rimanga, invece, “disperato” per tutto il tempo che trascorre fuori casa. Va anche detto che alcuni bambini vanno in crisi in un momento successivo all’iniziale inserimento, per esempio quando rientrano da un periodo di malattia o dopo una vacanza.
Consigli pratici
- Comprendere che queste manifestazioni non sono semplici capricci e neanche, all’opposto, un segnale di cui preoccuparsi troppo: rappresentano una normale reazione del bambino di fronte a una situazione nuova, tanto diversa rispetto alla normalità della sua vita. Non bisogna, quindi, drammatizzare, ma nemmeno spazientirsi.
- Per favorire il distacco, cominciare a preparare per tempo il bambino alla frequenza della scuola materna, spiegandogli che cosa avverrà, magari facendogli vedere l’edificio da fuori o, se possibile, facendogli conoscere qualche bambino già inserito nella comunità. La consapevolezza di quello che faranno li aiuterà a superare l’impatto iniziale.
- Evitare di nominare la scuola materna come punizione per un comportamento negativo ma, al contrario, descriverla come un luogo divertente e positivo. È molto importante, poi, non mentire al bambino in difficoltà circa l’orario in cui lo si andrà a prendere.
- Salutare il piccolo prima di andare a casa, anche se piange e si dispera: è un modo per fargli capire che non si “scappa” di fronte alla sua sofferenza e alla sua fatica.
Vuole che gli si compri tutto
“Mamma me lo compri?”: quante volte in un giorno una mamma finisce per sentirselo dire dal proprio bambino, soprattutto se lo porta a fare la spesa con lei. E a questa domanda, cui spesso i genitori rispondono con un deciso “no”, si associano scene da melodramma: il bambino pesta letteralmente i piedi, piange, urla e si dispera fino a esasperare mamma e papà e ottenere ciò che vuole. Chiaramente non è possibile finire sempre per arrendersi alle sue pressanti e continue richieste, non solo per una questione puramente economica, ma soprattutto perché dargliela sempre vinta finirebbe con il far crescere un piccolo privo della consapevolezza del valore degli oggetti e incapace di fare delle rinunce.
Consigli pratici
- Fissare delle regole di comportamento per aiutare il piccolo a identificare meglio i propri desideri. Questo non significa, naturalmente, negare sistematicamente qualsiasi cosa al bambino. Se, infatti, non c’è nulla di male nel comprargli qualcosa che desidera, l’errore sta nell’accontentarlo in tutto quello che vuole.
- Spingere il bambino a fare qualche rinuncia se desidera davvero avere qualcosa o, per lo meno, ad attendere un’occasione speciale, per esempio il compleanno o il Natale per ottenerla: imparerà che per avere qualcosa, bisogna spesso rinunciare ad altro e scoprirà il valore dell’attesa di ciò che si considera davvero importante e che non si può avere tutto e subito. Fargli desiderare un oggetto, infatti, glielo fa apprezzare di più, mentre quello che presto viene ottenuto, presto viene anche lasciato in disparte.
- Essere coerenti con ciò che si dice ed evitare di fare promesse che non si vogliono mantenere: per esempio, non bisogna illudere il bambino dicendogli “lo compriamo al ritorno” e poi far finta di dimenticarsi della promessa fatta: si sentirà ingannato e perderà fiducia nei genitori.
Fa le prime amicizie
L’inserimento alla scuola materna in molti casi rappresenta la prima esperienza di socializzazione e confronto diretto con i propri coetanei. Dopo le difficoltà iniziali, in genere i bambini sono affascinati dalla possibilità di instaurare nuove amicizie con i coetanei: sono attratti dalla possibilità di mettersi in gioco, identificandosi nell’amico ed emulandolo, ma sono anche spaventati dal fatto di doversi “arrangiare”, senza l’appoggio dei grandi. A quest’età la ricerca dell’amicizia si basa sul divertimento e il desiderio di giocare insieme e la relazione amicale dipende soprattutto dalla vicinanza fisica, dal “fare qualcosa insieme”. È interessante, in questa fase della crescita, notare anche da quale tipologia di amichetto è attratto il proprio bambino. In genere, se all’inizio la scelta può apparire casuale, legata alle occasioni di incontro, pian piano le preferenze si delineano significativamente a seconda del carattere del bambino: per esempio, se vuole protezione, potrà cercarla in un bambino più grande, mentre se vuole “dominare”, cercherà l’amicizia di bimbi più piccoli.
Consigli pratici
- Non sottovalutare il valore delle prime amicizie: rappresentano una tappa importante dello sviluppo emotivo del bambino e, quindi, vanno agevolate in modo da favorirne il consolidamento.
- Questo, però, non significa spingere il figlio verso un amichetto piuttosto che un altro, magari solo perché figlio d’amici, ma piuttosto offrire occasioni di incontro e di gioco anche fuori dalla scuola materna, magari un giorno a casa proprio e il giorno dopo a casa dell’amichetto. L’importante è non fare forzature e rispettare i desideri reali dei bambini.