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I parassiti intestinali
Secondo i pediatri, a questa età un bambino corre il rischio più alto di essere attaccato dai parassiti intestinali, sorta di “vermi” le cui uova si trovano nella terra, sull’erba e sulle verdure crude non ben lavate, ossia in tutti quegli ambienti che possono essere stati raggiunti da acque infette. Un bambino che gioca all’aria aperta, tocca ovunque e poi si porta le mani alla bocca, può quindi involontariamente ingerire le uova di questi parassiti, che una volta penetrati all’interno dell’organismo, colonizzano l’intestino del piccolo, provocando disturbi di vario tipo. In genere, i parassiti che colpiscono più frequentemente il bambino sono gli ossiuri, minuscoli vermi invisibili a occhio nudo, che danno prurito alla regione anale e genitale, nervosismo ed episodi di diarrea alternati a stitichezza. Altri parassiti tipici che possono colonizzare l’intestino dei piccoli sono gli ascaridi e la giardia lamblia: anche questi si trasmettono per via oro-fecale, cioè attraverso l’ingestione involontaria di uova contenute in acque o su oggetti infestati.
Che cosa fare
- Contattare il pediatra, che farà eseguire esami specifici per riconoscere da quale tipo di parassiti è stata provocata l’infezione: se è causata da ossiuri o ascaridi, prescriverà la somministrazione di mebendazolo o pirantel pompato, mentre contro la giardia lamblia occorre ricorrere al metronidazolo.
Il vomito
Il vomito è un meccanismo di difesa con cui l’organismo elimina alimenti o sostanze che non gli sono particolarmente graditi. Si tratta quindi di un segnale che qualcosa non va nell’organismo del bambino, anche se le cause possono essere molto diverse: può dipendere da un eccesso alimentare, cioè da un episodio di alimentazione troppo ricca di grassi o troppo abbondante (la classica “indigestione”) oppure può trattarsi di un’infiammazione, come la gastroenterite, provocata da un virus di cui l’organismo cerca di liberarsi proprio attraverso il vomito o, ancora, dipendere da altre cause. Per questo, in occasione di un episodio di vomito, è sempre consigliabile contattare il pediatra, soprattutto se gli episodi di vomito si ripetono più volte nell’arco della stessa giornata: in questo caso, infatti, il rischio per l’organismo del piccolo è quello di andare incontro a una perdita eccessiva di acqua e sali minerali.
Che cosa fare
- Offrire da bere al bambino, per reintegrare l’acqua e i sali minerali perduti attraverso il vomito: vanno bene acqua zuccherata o una soluzione a base di sali minerali (in vendita in farmacia), purché sia a temperatura ambiente e bevuta a piccoli sorsi.
- Contattare il pediatra soprattutto in questi casi: se gli episodi di vomito si ripetono più volte nella giornata, se non si riesce a capire il motivo per cui il bimbo ha vomitato o se il piccolo è stato soggetto a questo episodio in seguito a una caduta in cui ha battuto il capo. In tutti questi casi è necessario riferire allo specialista le circostanze dell’episodio di malessere e altri dati importanti, per esempio la presenza di febbre, diarrea e altri disturbi concomitanti.
- Fargli seguire un’alimentazione leggera e facilmente digeribile, a base di cibi più ricchi in zuccheri e proteine e più poveri in grassi (per esempio, riso in bianco, pollo o sogliola al vapore).
L’acetone
Detto anche chetosi, è un disturbo dovuto alla carenza di zuccheri in circolo nell’organismo, per cui il corpo, per produrre energia, è costretto ad attingere alle riserve di grassi. La degradazione di questi ultimi porta all’accumulo di particolari sostanze, i cosiddetti “corpi chetonici” (da cui deriva il nome di “acetone”), che vengono eliminati attraverso le urine o con la respirazione: il segnale più classico dell’acetone, infatti, è proprio l’alito del bambino, che assume un caratteristico odore di frutta matura. Il vomito è il sintomo più frequente, accompagnato anche da malessere, pallore e qualche volta da febbre. Le crisi di acetone si presentano facilmente quando il bimbo ha la febbre per qualche giorno: l’aumento della temperatura, infatti, è legata a un maggior consumo energetico e quindi a un utilizzo di tutte le risorse disponibili. Per lo stesso motivo, l’acetone può comparire anche dopo uno sforzo fisico molto prolungato. Inoltre, può manifestarsi anche quando l’alimentazione del bambino è particolarmente sbilanciata a favore dei grassi, per esempio dopo un’eccessiva assunzione di patatine fritte o cioccolata.
Che cosa fare
- Offrire al bambino una bevanda zuccherata non fredda, come spremute, succhi di frutta o semplicemente acqua e zucchero, da bere a piccoli sorsi.
- Fargli seguire un’alimentazione a base di cibi leggeri, lasciando più spazio agli zuccheri e riducendo l’apporto di grassi.
La stitichezza
Il numero delle volte in cui si evacua è abbastanza variabile da individuo a individuo e non basta avere ritmi poco regolare per parlare di stitichezza vera e propria. Si definisce stitico un bambino che evacua raramente (ossia non più di una o due volte alla settimana) ed emette feci scure e dure, magari accompagnate da un po’ di sangue a causa dello sforzo compiuto per espellerle. Non si tratta, in genere, di un vero problema, ma della conseguenza di cattive abitudini di vita e di alimentazione: la frequenza con cui l’organismo si scarica, infatti, può essere influenzata da sane abitudini.
Che cosa fare
- Combattere la sedentarietà: il movimento aumenta la peristalsi, il naturale movimento dell’intestino, che favorisce il progredire delle feci verso l’ano.
- Arricchire l’alimentazione del piccolo di tanta frutta e verdura, ricche di fibre che favoriscono l’espulsione delle feci, e fargli bere tanta acqua, per ammorbidire le feci e agevolarne il transito intestinale.
- Limitare l’uso di rimedi come le supposte o i microclimi alla glicerina perché, se hanno un’efficacia momentanea, sul lungo periodo rendono l’intestino ancora più pigro. Possono essere di aiuto invece, su consiglio del pediatra, i lassativi naturali, a base di fibre che, creando volume, favoriscono l’espulsione delle feci.
I pidocchi
I pidocchi sono piccoli parassiti dell’uomo, lunghi anche quattro millimetri, che periodicamente compaiono infestando le teste dei bimbi che soggiornano a lungo in ambienti affollati e chiusi. Contrariamente a quello che si è sempre pensato, la scarsa igiene non è coinvolta con la sopravvivenza di questi piccoli parassiti: essi, infatti, si trovano perfettamente a loro agio sul cuoio capelluto pulito, che anzi favorisce la loro riproduzione. Inoltre, i pidocchi non saltano da una testa all’altra, ma vengono trasportati da individuo a individuo attraverso oggetti di uso comune: i bambini, quindi, toccando gli stessi giocattoli e scambiandoseli di continuo, raccolgono involontariamente anche i pidocchi e li trasportano sulla propria testa quando si toccano i capelli. Una volta raggiunto il nuovo ambiente, i pidocchi iniziano a moltiplicarsi: ogni femmina depone circa trecento uova (lendini) che si dischiudono dopo una settimana e che possono sopravvivere anche alcuni giorni su spazzole, vestiti e cuscini, prima di trasmettersi a un altro individuo.
Che cosa fare
- Se il proprio bambino ha preso i pidocchi, occorre anzitutto tenerlo a casa da scuola, per evitare che possa infestare altri compagni. Inoltre, per eliminare i parassiti, è necessario eseguire lavaggi con shampoo specifici, disponibili in farmacia. Occorre poi staccare le lendini applicando un impacco caldo di acqua e aceto e poi passando un pettine a denti molto fitti. Infine, gli oggetti “infestati” vanno lavati in lavatrice ad almeno 60° C oppure, se ciò non è possibile, occorre cospargerli di polvere disinfettante, chiuderli in un sacchetto per almeno mezz’ora, quindi spolverarli con cura.