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Con il termine inglese grooming si indica un adescamento perpetrato via Internet ai danni dei bambini, preadolescenti e adolescenti. Di questa pratica, che corre spesso e volentieri sui social, si parla però ancora troppo poco e si sottovalutano i reali rischi. A sottolineare l’importanza di mettere sotto i riflettori il problema è l’Osservatorio nazionale adolescenza (Ona).
Problematica in crescita
Sui social, il 20% dei bambini accetta l’amicizia dagli sconosciuti, ma non solo, infatti, oltre ad accogliere l’adescatore nella propria cerchia di amici, i più piccoli finiscono per interagirci: rispondendo a messaggi e commenti. Il dato si fa ancora più preoccupante in tema di gaming online, dove il 36% dei bambini, prevalentemente maschi, condivide esperienze di gioco e interagisce con sconosciuti. Il problema è che risulta veramente difficile contrastare il grooming. In primis, perché rendersi conto che un bambino è stato vittima di un adescamento non è semplice.
Un nemico subdolo
Infatti, chi mette in atto pratiche di adescamento sui social o grooming sa come muoversi e come mascherare al meglio la propria identità senza destare sospetti. Spesso i malintenzionati si celano dietro profili all’apparenza riconducibili a coetanei e lavorano per mesi per conquistate la fiducia delle proprie vittime: usano lo stesso linguaggio, studiano le abitudini e gli interessi dei bambini. Sovente il primo adescamento avviene su contenuti pubblici, per poi spostare la conversazione verso chat private e iniziare il vero e proprio processo di manipolazione.
La paura delle conseguenze
A complicare la cosa, si aggiunge il fatto che, anche nel caso in cui i bambini o gli adolescenti dovessero rendersi conto della peculiarità delle richieste e dei messaggi arrivatagli dallo sconosciuto, difficilmente chiederanno aiuto o racconteranno l’accaduto ai genitori. Questo perché, e succede anche con gli adulti, entra in gioco il senso di vergogna e paura delle conseguenze che possono derivare dal raccontare una situazione non piacevole a una persona più grande.
Bambini e social
Questo poco rassicurante quadro è ben fotografato dalla ricerca portata avanti dall’Ona in tema di minori e social network. Il fatto che il mondo progredisca e i social siano sempre più al centro della vita di tutti noi non dovrebbe più sorprendere, ma leggere i risultati dell’Ona fa un certo effetto, specie in tema di minori ed esposizione al mondo virtuale. Il 30% dei bambini tra i 9 e i 10 anni ha un profilo TikTok, il 10% ha Instagram, così come il 10% ha un proprio canale YouTube. E non finisce qui, infatti, praticamente tutti i bambini (il 96%) guarda video su YouTube, il 43% su TikTok.
Social e smartphone? Sempre prima
A preoccupare è anche il costante abbassamento dell’età nell’uso dei social. WhatsApp è utilizzato dal 74% dei bambini per chattare, il 22% usa i servizi di messaggistica dei già citati Instagram e TikTok e il 36% quelli dei videogiochi. Ma da che cosa è dettata questa sovresposizione? Certamente, non aiuta il fatto che già a 9 anni il 60% dei bambini abbia un proprio smartphone o utilizzi quello di un genitore (40%).
La spinta della pandemia
Secondo l’Ona, tutto questo espone i bambini al rischio sempre maggiore di andare incontro ad adescamento da parte di sconosciuti. E la pandemia non ha certamente aiutato. Anzi, dal Covid-19 è arrivata una vera e propria spinta verso l’utilizzo della tecnologia da parte dei minori. Tra DAD, videochiamate, videogiochi, social e chat, la vita dei più giovani è stata letteralmente invasa dal virtuale, con conseguente incremento dei casi di adescamento.
Sì all’educazione digitale
Come spiega la presidentessa dell’Ona, Maura Manca, genitori e insegnati non devono farsi ingannare dalla dimestichezza con cui i bambini utilizzano la tecnologia. Infatti, capacità di utilizzo non vuol dire consapevolezza nelle proprie azioni e conseguenze. I più piccoli faticano a riconoscere i pericoli di Internet e le cattive intenzioni di chi mette in atto un adescamento. Più che preoccuparsi della dipendenza da tecnologia, i genitori dovrebbero quindi iniziare a promuovere e stimolare una costante ed efficace educazione digitale. Solo parlando del problema ed educando a diffidare dagli sconosciuti si può conquistare la fiducia dei bambini e metterli realmente in guardia sui pericoli della rete, conclude la Manca.
Fonti / Bibliografia
- Osservatorio Nazionale Adolescenza | AdoleScienza MagazineL’Osservatorio Nazionale Adolescenza Onlus è da anni un punto di riferimento a livello nazionale sulle tematiche relative alle varie fasi della crescita, alla famiglia e alla scuola. Si occupa di prevenzione, tutela e intervento a favore dei minori in ambito familiare, scolastico e sociale su tutto il territorio nazionale. L’intensa attività mediatica (Tv, Radio, Giornali)
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