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È dolorosa, fastidiosa ed è necessario rivolgersi al ginecologo per una terapia efficace a base di antibiotici o passare al trattamento chirurgico quando è grave. Stiamo parlando della bartolinite, da molti conosciuta come ascesso o infezione della ghiandola del Bartolini, situata nel contesto delle piccole labbra della vagina: una delle forme ascessuali più fastidiose e che talvolta raggiunge anche le dimensioni di un’albicocca.
Provoca dolore anche durante i rapporti
In molti casi si deve arrivare a incidere l’ascesso per superare l’infezione acuta e, in seguito, effettuare un intervento chirurgico per eliminare la ghiandola che continua a infettarsi. Tra le adolescenti i casi sono numerosi: si accorgono di questo gonfiore solo quando notano una nocciolina sorta all’improvviso, che le ostacola nel camminare speditamente, nello stare sedute o provoca fastidio durante i rapporti sessuali.
Le cause più comuni
I fattori scatenanti della bartolinite sono numerosi rapporti sessuali, l’uso eccessivo di indumenti intimi colorati, di leggins e jeans super attillati che provocano sfregamento e troppa attività fisica in bicicletta o in cyclette. “Si può parlare di bartolinite quando c’è infezione della ghiandola di Bartolini, dovuta a comuni germi piogeni o al gonococco – spiega il dottor Nicola Blasi, specialista in ginecologia e ostetricia, patologia cervico-vaginale e vulvare presso l’ospedale accreditato Santa Maria di Bari -. Può interessare una sola o entrambe le ghiandole e si manifesta con una tumefazione, associata a dolore vivo, arrossamento e tensione della cute sovrastante: tale tumefazione può accrescere fino a raggiungere le dimensioni di una noce”.
Quando intervenire
Se l’infiammazione della ghiandola di Bartolini si ripresenta due o tre volte nel corso di un anno, bisogna per forza intervenire con la “marsupializzazione”, oppure con la rimozione chirurgica, definita bartolinectomia. “Quando è possibile, io opto per la prima soluzione-spiega il dottor Blasi -: anziché enucleare la ghiandola, viene incisa e lasciata aperta per drenaggio continuo, le pareti della cisti ascessualizzata si retraggono e, a distanza dall’intervento, rimane un foro che serve da drenaggio per la secrezione della ghiandola. Se non strettamente necessario, è meglio, pertanto, evitare l’intervento di asportazione poiché esso può causare retrazioni cicatriziali con deformità della vulva, o presenza di residui di ghiandola senza sbocco all’esterno, che potrebbero determinare recidive”.